Lisa Movius
Leggi i suoi articoliSecondo il rapporto The Japanese Art Market 2024, redatto da Clare McAndrew, fondatrice di Arts Economics, su incarico dell’Agenzia degli Affari Culturali del Giappone, il mercato dell’arte giapponese è cresciuto dell’11% tra il 2019 e il 2023, raggiungendo un valore stimato di 681 milioni di dollari, rispetto a una crescita globale dell’1% nello stesso periodo. E questo nonostante un calo del 10% subito lo scorso anno (dai 756 milioni di dollari del 2022) seguito all’ottima ripresa dalla pandemia di Covid-19, verificatasi grazie a una solida struttura di base, ancorata ai volumi di scambio e imperniata sull’arte locale.
Presentando il report online a dicembre, McAndrew ha illustrato alcuni dati significativi. Gallerie e mercanti hanno rappresentato il 68% del valore delle vendite d’arte in Giappone nel 2023, con oltre 2.060 gallerie e mercanti professionisti situati per lo più a Tokyo (59%) e nella regione circostante del Kanto (66%). Queste gallerie rappresentano in media 27 artisti ciascuna, rispetto ai 20 del 2022. Il rapporto rileva inoltre che il 74% delle vendite delle gallerie giapponesi è avvenuto di persona presso le loro sedi, rispetto al 10% delle fiere d’arte. Un dato nettamente inferiore al 29% delle vendite effettuate alle fiere d’arte a livello globale, legato anche al fatto che i galleristi giapponesi partecipano a molte meno fiere in media: quattro all’anno, rispetto alla media globale di 11.
Le vendite online, che attirano maggiormente i giovani acquirenti, costituiscono il 20% delle vendite d’arte a livello globale, ma in Giappone rappresentano solo il 5%. «Questo rapporto presenta il “cosa” piuttosto che il “perché” del disinteresse del Giappone nei confronti del digitale», ha affermato McAndrew. La quale ha però ipotizzato che un fattore potrebbe essere la «tendenza verso la disintermediazione» che non emerge nei dati ufficiali. «Alcuni artisti vendono anche direttamente, quindi al di fuori delle strutture tradizionali; e piattaforme come Instagram sono state fondamentali in questo senso».
La bassa rotazione di opere nelle aste e nelle vendite digitali potrebbe spiegare il forte calo subito dal mercato dell’arte giapponese nel 2020 (38% rispetto al 22% globale). Sebbene le principali gallerie giapponesi siano sempre più presenti alle fiere d’arte internazionali, le vendite interne continuano a dominare, e l’84% sono state appannaggio di collezionisti locali. «È un elemento di forza, ma anche limitante», ha detto McAndrew. L’esperta ha aggiunto che gli artisti giapponesi popolari a livello internazionale, come Yayoi Kusama e Yoshitomo Nara, registrano nel mercato interno un volume di vendite più alto ma a prezzi molto più bassi, e che, complessivamente, l’arte in Giappone ha prezzi molto più accessibili. Dei 221 milioni di dollari di vendite all’asta in Giappone nel 2023, il 91% dei lotti aveva un valore inferiore ai 10mila dollari. E le vendite fatte dai mercanti sotto i 250mila dollari e tra i 250 e i 500mila dollari hanno rappresentato rispettivamente il 29% e il 19%, mentre le opere con prezzi superiori a 10 milioni di dollari e tra 1 e 10 milioni di dollari hanno costituito rispettivamente il 4% e il 33%.
In termini di volume, tuttavia, le vendite sotto i 50mila dollari sono state il 93% del totale, di cui il 77% per valori inferiori ai 10mila dollari; e solo l’1% delle transazioni ha superato il milione di dollari. Se in altri contesti i prezzi elevati scoraggiano i potenziali acquirenti giovani e di classe media, ha detto McAndrew, «quello del Sol Levante, da questo punto di vista, è invece un mercato molto democratico». Con una quota di mercato globale pari all’1%, il mercato dell’arte giapponese ha dimensioni simili a quello della Spagna ed è il secondo mercato più grande dell’Asia (5%). Tuttavia, è ancora nettamente inferiore alla quota combinata di Hong Kong e Cina continentale, che rappresentano l’80% dell’Asia e il 19% delle vendite d’arte globali.
I prezzi più bassi in Giappone potrebbero significare che l’arte permea maggiormente la società: il mercato dell’arte conta infatti circa 12.700 posti di lavoro (senza calcolare l’indotto) e nel Paese risiedono circa 47.320 artisti visivi; inoltre il Giappone ha più di 5mila musei, di cui 1.000 specializzati in arte. L’arte, infine, alimenta anche un settore secondario molto forte del valore di 136 milioni di dollari, con servizi «molto di nicchia che non potrebbero sopravvivere o esistere senza il mercato dell’arte», ha concluso McAndrew. «Un nucleo che supporta un’infrastruttura molto più ampia».
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