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Antonio Mirabelli
Leggi i suoi articoliLa casa d’asta britannica Phillips, da più di un mese a questa parte, sta sperimentando la sua nuova proposta di vendita online di opere d’arte: «Dropshop». Lanciata lo scorso agosto, la piattaforma mira ad assottigliare la barriera tra mercato primario e secondario, idea che potrebbe sembrare strana, visto che le case d’asta lavorano prevalentemente sul secondario, ma che in realtà risulta strategica perché gli artisti proposti al pubblico collaborano direttamente con Phillips per la vendita dei propri lavori.
Le opere degli artisti, esclusivamente realizzate per la piattaforma, vengono vendute per un periodo di tempo limitato. Questo vuol dire, da un lato, renderle subito disponibili ai collezionisti evitando le lunghe liste di attesa del mercato primario e, dall’altro, generare una fonte di reddito immediata per gli artisti, anche se i termini contrattuali non sono stati resi noti. C’è da sottolineare, comunque, come la casa d’asta assicuri agli artisti una royalty in caso di rivendita dei lavori sul mercato secondario. In altre parole: un’opera viene venduta su «Dropshop» e approda, in un secondo momento, in asta sempre da Phillips. Sulla base di questa vendita si calcola la percentuale da riconoscere ai «creators».
Finora gli artisti che hanno collaborato con «Dropshop» sono: Cj Hendry, Renée Cox ed Emily Mae Smith, attualmente presente con un suo lavoro.
Phillips non è la sola a rendere più fluida la distinzione tra mercato primario e secondario. Già lo scorso settembre 2022, Sotheby’s lanciò «Artist’s Choice», un modello in cui artisti e gallerie che li rappresentano scelgono le opere da conferire alla casa d’asta per la vendita. In questo caso, il format prevede, inoltre, che il 15% del prezzo di martello di un’opera, pagato congiuntamente dagli artisti con le gallerie e da Sotheby’s, sia destinato a un’istituzione benefica individuata dall’artista.
Anche l’esperto banditore e art dealer Simon De Pury ha recentemente ideato, attraverso la società de PURY, una serie di aste online con opere consegnate direttamente da artisti e gallerie, in cui questi ultimi risultano beneficiari del 100% del prezzo di martello. A questo si aggiunge poi un 18% di commissione, di cui il 3% a sostegno di enti benefici individuati di volta in volta, a seconda dell’oggetto dell’asta proposta.
Dovrà passare del tempo per valutare la buona riuscita di questi esperimenti e anche per capire la risposta dei collezionisti alle proposte. Nel frattempo, è opportuno monitorare i nuovi fenomeni di vendita alternativa, frutto dell’ingegnosità commerciale delle case d’aste, per capire se si evolveranno, come si evolveranno o se sono solo passeggeri di una fase del momento.

Il logo di «Dropshop», la nuova la piattaforma lanciata da Phillips
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