Joe Ware
Leggi i suoi articoliUna nuova ricerca della società specializzata Climate X ha rivelato quali sono i 50 siti tra i 1.223 del Patrimonio mondiale dell’Unesco più minacciati dai cambiamenti climatici, sollecitando all’azione il settore culturale e i suoi addetti ai lavori. I ricercatori hanno utilizzato la modellazione per valutare quale impatto avranno le più diverse minacce ambientali, dai cicloni tropicali al caldo estremo, su edifici, paesaggi e infrastrutture in diversi scenari nei prossimi cento anni.
In cima al gruppo c’è il sistema di irrigazione indonesiano di Subak, risalente al IX secolo, che è vulnerabile alla siccità, al caldo estremo e alle inondazioni. Tra gli altri siti chiave che compaiono nell’elenco vi sono la Grotta di Pont d’Arc, in Francia, che contiene alcuni dei graffiti figurativi meglio conservati al mondo e che è a rischio di inondazioni e frane, e l’Opera House di Sydney, il capolavoro dell’architetto danese Jørn Utzon minacciata da mareggiate e inondazioni costiere. Nella lista c’è anche l’emporio cinese di Quanzhou a Song-Yuan, con strutture che evidenziano il ruolo della città come sito centrale nel commercio marittimo tra X e XIV secolo, minacciato dalla siccità. Quattro località del Regno Unito sono entrate nell’elenco dei siti a rischio. Il Forth Bridge, che attraversa il Firth of Forth in Scozia, e l’isola disabitata di St Kilda, che ospita reperti relativi a 2mila anni di vita nelle Ebridi, sono entrambi vulnerabili alle inondazioni costiere. Il villaggio di mulini del XVIII secolo di New Lanark, sempre in Scozia, è esposto ai danni delle frane, mentre lo Studley Royal Park, nello Yorkshire, è a rischio per le ripetute tempeste.
Alison Tickell, direttrice di Julie’s Bicycle, un’associazione che mobilita le arti per intervenire sul cambiamento climatico, ha dichiarato: «Questo rapporto è un chiaro richiamo ai pericoli del cambiamento climatico. La cultura e il patrimonio raccontano le storie di noi stessi, delle comunità e dei valori. Dobbiamo riconoscere la cultura come l’anello mancante dell’azione per il clima e fare tutto il possibile per decarbonizzare e rigenerare il territorio». L’archeologa del paesaggio Nadia Khalaf, dell’Università di Exeter, afferma: «La perdita di un patrimonio condiviso può avere un enorme impatto, non solo in termini economici sul turismo ma anche sul benessere dei singoli e delle comunità». La lista non comprende Venezia, il sito più a rischio per l’innalzamento delle acque, per lo sbarramento diplomatico frapposto dal Governo italiano che teme le implicazioni per non aver ancora predisposto alcun piano adeguato di salvaguardia.
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