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Un’immagine dell’isola disabitata di St Kilda in Scozia

Foto: Juan Carlos Munoz

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Un’immagine dell’isola disabitata di St Kilda in Scozia

Foto: Juan Carlos Munoz

Ecco i 50 siti più a rischio per il cambiamento climatico

L’incidenza è diffusa tra i continenti: figurano, tra gli altri paesi, la Cina, l’Australia, il Regno Unito e la Francia

Una nuova ricerca della società specializzata Climate X ha rivelato quali sono i 50 siti tra i 1.223 del Patrimonio mondiale dell’Unesco più minacciati dai cambiamenti climatici, sollecitando all’azione il settore culturale e i suoi addetti ai lavori. I ricercatori hanno utilizzato la modellazione per valutare quale impatto avranno le più diverse minacce ambientali, dai cicloni tropicali al caldo estremo, su edifici, paesaggi e infrastrutture in diversi scenari nei prossimi cento anni. 

In cima al gruppo c’è il sistema di irrigazione indonesiano di Subak, risalente al IX secolo, che è vulnerabile alla siccità, al caldo estremo e alle inondazioni. Tra gli altri siti chiave che compaiono nell’elenco vi sono la Grotta di Pont d’Arc, in Francia, che contiene alcuni dei graffiti figurativi meglio conservati al mondo e che è a rischio di inondazioni e frane, e l’Opera House di Sydney, il capolavoro dell’architetto danese Jørn Utzon minacciata da mareggiate e inondazioni costiere. Nella lista c’è anche l’emporio cinese di Quanzhou a Song-Yuan, con strutture che evidenziano il ruolo della città come sito centrale nel commercio marittimo tra X e XIV secolo, minacciato dalla siccità. Quattro località del Regno Unito sono entrate nell’elenco dei siti a rischio. Il Forth Bridge, che attraversa il Firth of Forth in Scozia, e l’isola disabitata di St Kilda, che ospita reperti relativi a 2mila anni di vita nelle Ebridi, sono entrambi vulnerabili alle inondazioni costiere. Il villaggio di mulini del XVIII secolo di New Lanark, sempre in Scozia, è esposto ai danni delle frane, mentre lo Studley Royal Park, nello Yorkshire, è a rischio per le ripetute tempeste. 

Alison Tickell, direttrice di Julie’s Bicycle, un’associazione che mobilita le arti per intervenire sul cambiamento climatico, ha dichiarato: «Questo rapporto è un chiaro richiamo ai pericoli del cambiamento climatico. La cultura e il patrimonio raccontano le storie di noi stessi, delle comunità e dei valori. Dobbiamo riconoscere la cultura come l’anello mancante dell’azione per il clima e fare tutto il possibile per decarbonizzare e rigenerare il territorio». L’archeologa del paesaggio Nadia Khalaf, dell’Università di Exeter, afferma: «La perdita di un patrimonio condiviso può avere un enorme impatto, non solo in termini economici sul turismo ma anche sul benessere dei singoli e delle comunità». La lista non comprende Venezia, il sito più a rischio per l’innalzamento delle acque, per lo sbarramento diplomatico frapposto dal Governo italiano che teme le implicazioni per non aver ancora predisposto alcun piano adeguato di salvaguardia.

Joe Ware, 03 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

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