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Sandro Parmiggiani
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Franco Maria Ricci commenta i primi quindici mesi del suo Labirinto
Franco Maria Ricci (Parma, 1937) ha vinto un’altra sfida: quella del Labirinto della Masone a Fontanellato, da lui tenacemente voluto e realizzato negli ultimi dieci anni. Ciò che poteva sembrare il sogno temerario di un visionario, di cui tante volte aveva parlato con l’amico Jorge Luis Borges, è ormai una realtà vitale. Del resto, tutta la vita di Ricci pare segnata da qualche fatale incontro.
Nei primi anni Sessanta, quando già era un grafico di successo, Franco Maria Ricci s’innamorò dei libri di Giambattista Bodoni, di cui ha riunito la più importante collezione esistente (oltre 1.000 volumi). Nel 1965 diventò editore proprio per dedicare a Bodoni la riedizione, in due volumi, del Manuale Tipografico.
Nel 2004, quando il Labirinto era ormai diventato il sogno della sua vita, Ricci vendeva la casa editrice (che riacquista nel 2015), e si dedica a realizzarlo: ha piantato 300mila piante di bambù per disegnare un percorso di tre chilometri di lunghezza su una superficie di otto ettari e ai margini del Labirinto ha fatto sorgere maestosi edifici di complessivi 7mila metri quadrati: una biblioteca con i libri editi da Ricci; un bar e un ristorante; una sala per concerti; uno spazio espositivo che ospita la sua collezione di opere dal ’500 al ’900 (più di 400 tra sculture, quadri e oggetti) e mostre temporanee, sale conferenze e suite.
Il Labirinto della Masone, disegnato nel percorso dei bambù da Davide Dutto e dallo stesso Ricci, e progettato per gli edifici da Pier Carlo Bontempi, l’architetto di Parma affascinato dal gusto neoclassico, inaugurato il 29 maggio 2015, è ormai un «Parco culturale che sta attirando, come dice Ricci, molti visitatori dall’Italia e dall’estero».
Ricci, già negli anni in cui lei controllava amorosamente la crescita delle piante che avrebbero dato vita al Labirinto, cominciava a configurare il volto preciso del suo progetto anche negli aspetti gestionali. A quindici mesi dall’apertura, può fornire dati consuntivi? E quali iniziative sta delineando?
I dati che abbiamo dichiarano, nei primi quindici mesi, un’affluenza sorprendente: 80mila persone hanno visitato il Labirinto, questo ci rende molto orgogliosi, come i numeri delle presenze agli eventi che abbiamo organizzato. Stiamo pensando a iniziative dedicate a tutti gli appassionati del Labirinto e puntiamo a rafforzare i legami con le realtà culturali più importanti nel parmense e in tutta Italia.
Avete dei dati, anche se parziali, sulla provenienza dei visitatori? Sono visitatori che abbinano la visita al Labirinto a Parma e al territorio circostante? Avete sviluppato rapporti per favorire sinergie territoriali o tematiche? Come funziona il bookshop che all’ingresso accoglie chi entra nel Labirinto?
I visitatori sono in maggioranza italiani, ma non manca una folta presenza di stranieri, anche provenienti da lontano. Con l’apertura delle suite all’interno del Labirinto spero che la mia Fondazione diventi un importante polo turistico collegato ai tanti altri luoghi di interesse presenti nei dintorni, in modo da favorire anche la scoperta (o la riscoperta) di tutta la zona di Parma, ricca di arte, cultura e storia. Grazie ad accordi con il Comune di Parma, Fontanellato e con l’associazione «Castelli del Ducato», nella quale il Labirinto è inserito dall’apertura, abbiamo anche un servizio di navetta, che garantisce il collegamento tra Labirinto, Parma e Rocca di Fontanellato. Il bookshop è una vera sorpresa; in un’epoca in cui le librerie faticano, la mia sembra funzionare bene, forse perché è diventato un punto di aggregazione per appassionati, bibliofili e collezionisti, che qui possono trovare molte rarità che mancano alle loro raccolte. È anche un punto di partenza per neofiti, che sotto la guida di giovani esperti e cordiali possono scoprire le opere da me edite.
Al di là della collezione permanente, su quali direttrici lei svilupperà l’offerta culturale del Labirinto?
Abbiamo in programma alcune mostre stagionali che seguiranno principalmente due direzioni: l’attenzione al contemporaneo, con artisti poco noti in Italia come Sergio Hernández (Oaxaca, 1957), un amico ma anche una figura di prima grandezza nel panorama artistico latinoamericano, la cui mostra «Tres pasiones. Tacos, tequila, mescal y mariachis» è stata inaugurata il 17 settembre: un’opera che rivisita la natura con gli occhiali della tradizione indigena messicana, con una sorta di Apocalisse come origine di tutto. Poi, a marzo 2017 Patrizia Comand; altre esposizioni mostreranno le opere di artisti del Novecento, Carlo Mattioli e Gino Covili per esempio, entrambi legati al territorio e alla cultura popolare emiliana. Stiamo inoltre lavorando per proseguire le strade già intraprese in questo primo anno di apertura: conferenze, riguardanti temi a noi cari quali bellezza, paesaggio, arte ed eventi musicali con artisti di qualità, concepiti con la precisa intenzione di stupire. Il 9 settembre è stata presentata Finis Mundi, una prefigurazione della Fine del Mondo.
Il Labirinto è stata la cornice eccezionale di questo evento, spettacolare e apocalittico insieme, che cade a trent’anni dalla morte del mio amico e storico collaboratore Jorge Luis Borges. La sua ultima opera che con lui pubblicai, Finimondi, illustrata con i dipinti di John Martin, ha preso vita nel Labirinto: apparizioni, grida, irruzioni di maschere e per finire un concerto. Infine anche la casa editrice continua, anzi intensifica la propria attività: oltre ai cataloghi e alle guide per le mostre temporanee, pubblicheremo all’inizio dell’anno prossimo nuovi numeri della rivista «FMR». Est eadem sed non eadem (è la stessa ma non è la stessa): qualche dettaglio, qualche sfumatura della nuova «FMR» senza dubbio cambierà, col cambiare dei tempi; ma la devozione alla bellezza che ispirò la prima «FMR» è destinata a restare intatta.
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