Gilda Bruno
Leggi i suoi articoliLa nuova generazione di fotografi e artisti visivi guarda alla contemporaneità e ai suoi temi più critici con una consapevolezza e un desiderio di sperimentazione inediti. Futuro Presente vuole dar voce ai giovani talenti che rappresentano il futuro della fotografia; un futuro che è, forse, già presente. Sono infatti più urgenti che mai le tematiche affrontate dal lavoro di questi artisti visivi: dal cambiamento climatico alla decolonizzazione dello sguardo, dall'utilizzo degli archivi storici alla rilettura delle classiche pratiche di documentazione fotografica.
Luci, ombre e forme si incastrano alla perfezione nelle pagine di «One bed, two blankets, seventy-six rules», fotolibro d’esordio del dialogo creativo tra Sabine Hess e Nicolas Polli, quasi a voler evidenziare la complementarietà dei loro sguardi. Concepito dalla coppia durante una residenza organizzata dal Verzasca Foto Festival (in Svizzera) e pubblicato da «Ciao Press» lo scorso dicembre, questo curioso volume li ha visti tornare nella valle svizzera dove si erano conosciuti pochi anni prima per mettere alla prova la loro capacità di vivere sotto lo stesso tetto. Dopo avere trascorso il primo capitolo della loro relazione a distanza, i due fotografi svizzeri hanno infatti iniziato a fantasticare sulla possibilità di compiere questo passo. Indecisi sul da farsi, Hess e Polli hanno cercato le risposte che non trovavano altrove nella loro sperimentazione. Guardando all’incontro tra i loro linguaggi visivi come a un’occasione unica per tracciare i punti di forza, limiti e opportunità di una loro potenziale convivenza, gli artisti hanno dato vita a un divertente manuale fotografico che ne riassume le osservazioni in 76 regole e un centinaio di immagini dalle tinte surreali. Un archivio che, per quanto vasto, non intende ridurre l’esperienza abitativa dei due a norme fisse nel tempo, ma vuole marcarne l’evoluzione, «perché la nostra comprensione l’una dell’altro muta di giorno in giorno, e non c’è massima capace di catturarne l’essenza in eterno».
In che modo ritenete che la vostra pratica complementi quella dell’altro?
Nonostante Nicolas sia un fotografo still life, a livello artistico e commerciale, e il mio stile sia documentaristico, i nostri progetti più recenti sono molto personali. Negli ultimi due anni ho sviluppato «You Felt the Roots Grow», una serie che, creata con la mia famiglia, mi ha aiutato a dare senso alle emozioni provate nel celebrare la nascita del primogenito di mia sorella mentre il cancro di mio padre peggiorava. Sebbene in maniera divertente, «When Strawberries Will Grow on Trees, I Will Kiss You», l’ultimo libro di Nicolas, affronta la solitudine del primo lockdown, la vulnerabilità maschile e il dubitare di se stessi. Per quanto visivamente i nostri approcci differiscano, ciò che ci avvicina sono i temi affrontati in essi.
«One bed, two blankets, seventy-six rules» è il vostro primo progetto collaborativo. Come nasce questo fotolibro?
Lavorare a questo libro ci ha aiutato a discutere di ciò che riteniamo importante nel «costruire» una casa e nell’affrontare la nostra relazione. Quando si va a vivere insieme, il dialogo diventa fondamentale. Collaborare a questo progetto è stato naturale, poiché la convivenza di coppia era un argomento di cui parlavamo da tempo. Non sapevamo se sarebbe stata una buona idea: essendo abituati a essere indipendenti e vivendo in due paesi diversi, trasferirci a vivere insieme significava spingere uno di noi a ripartire da zero, richiedendo poi forte capacità di adattamento da parte di entrambi. Mentre ne valutavamo pro e contro, abbiamo scoperto una residenza nel luogo in cui ci siamo incontrati per la prima volta. Testare la convivenza lì prima di prendere una decisione a riguardo ci è sembrato un bellissimo esperimento. La collaborazione porta persone, strumenti, competenze e prospettive diverse a unirsi: il risultato finale fonde tutto questo.
Parlateci del processo creativo che ha dato forma a questa collezione.
In «One bed, two blankets, seventy-six rules», ci siamo spronati a vicenda. Nicolas ha dovuto discostarsi dal mondo immaginario al cuore del suo lavoro per immergersi maggiormente nella natura e la luce diurna e avvicinarsi al mio. Per me la vera sfida è stata la creazione di fotografie «messe in scena», che mi ha concesso di entrare in contatto con la sperimentazione di Nicolas. Il più dell’ispirazione è arrivato dalla nostra routine: la residenza si è svolta in un luogo a noi familiare, ma che non essendo mai stato casa nostra per più di una settimana, ci ha portato ad adeguarci a nuove abitudini. Comprendere la vita dell’altro, i piccoli gesti, ma anche come ritagliarci i nostri spazi, è stato cruciale per capire come le immagini avrebbero riflesso quel che stavamo affrontando. Volevamo che il libro fosse accessibile a tutti. Perciò, invece di puntare la lente su di noi, ci siamo focalizzati sull’ambiente circostante per bilanciare momenti di privacy e scene dal respiro più ampio.
Che rapporto c’è tra le regole presentate nel fotolibro e la loro resa fotografica?
Se in un primo momento l’idea era quella di utilizzare il progetto per tastare con mano la realtà della convivenza attraverso il linguaggio visivo, poco dopo abbiamo capito di voler integrare anche una parte testuale. Da lì, abbiamo scritto piccole poesie e osservazioni, e anche queste regole, che hanno fatto da filo rosso capace di tenere assieme le fotografie e dare loro un significato diverso, spesso anche divertente. Una volta deciso quali di queste approfondire, abbiamo cominciato a fotografare reagendo in maniera specifica a ciascuna di esse. Gli scatti sono il risultato di prove, gioco e osservazione. A volte racchiudono in maniera simbolica la regola a cui si riferiscono, altre la commentano ironicamente.
In che modo ritenete che questa vostra collaborazione evolverà nel tempo?
Invece di essere un punto d’arrivo, «One bed, two blankets, seventy-six rules» vuole essere un punto di partenza: il progetto continuerà a evolvere di pari passo all’avanzare del nostro rapporto. La sua prima versione, esposta durante l’opening del Verzasca Foto Festival a conclusione della nostra residenza, aveva «solo» 68 regole. Il 2024 sarà un anno impegnativo: ci sarà una grande mostra dedicata a questa serie, ma procederemo anche a sperimentare individualmente. All’orizzonte, tanti altri lavori, progetti commerciali ed esposizioni.
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