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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliGiano, antica divinità bifronte, con un volto rivolto al passato e uno al futuro, è il nume tutelare della mostra «Nel segno di Giano: la donazione Gian Enzo Sperone», aperta dal 16 maggio al 7 giugno all’Accademia nazionale di San Luca a Roma. Sono 33 le opere che l’86enne gallerista ha inteso donare all’istituzione nata nel 1593. Di queste, 29 sono di arte tra il Cinque e il Settecento, le altre 4 sono a firma di Francesco Paolo Michetti, Filippo de Pisis, Giulio Paolini e Carlo Maria Mariani. Per Sperone si tratta, come dice in un suo testo in catalogo, di «restituire alla comunità ciò che gli ha permesso di accumulare». Per l’Accademia di San Luca è l’opportunità di arricchire la propria collezione permanente con opere di Guercino, Giordano, Mengs, Camuccini, Strozzi, Guardi, Panini, Fra Galgario, Cigoli, Pitocchetto, Assereto e altri.
Gallerista tra i maggiori al mondo, torinese di nascita ma apolide per vocazione, in sessant’anni di attività, Gian Enzo Sperone ha ospitato, nelle sue gallerie di Torino, Roma e New York, opere dei maggiori protagonisti della Pop art, dell’Arte Concettuale, di quella Minimal, dell’Arte Povera, della Land art, della Transavanguardia, stringendo indissolubili rapporti di collaborazione e complicità umana con personalità come Pistoletto, Cy Twombly e Mariani. La sua sensibilità gli ha permesso di anticipare i grandi fenomeni dell’arte internazionale o di accompagnarli nel loro farsi. Tale sensibilità aveva un segreto, la percezione dell’essenza atemporale dell’arte.

Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, «Sant’Andrea Apostolo», 1655-56 ca. Foto: Mauro Coen e Franco Borrelli

Anton Raphael Mengs, «Ritratto del cardinale Francesco Saverio de Zelada», 1773 ca. Foto: Mauro Coen e Franco Borrelli
Di qui, a principiare dagli anni Settanta in poi, l’appassionata costruzione della propria collezione d’arte antica, vastissima e senza confini. Quella raccontata nel volume, edito da Umberto Allemandi nel 2019, Gian Enzo Sperone, Dealer and Collector. From 350 b.C. to last week, a cura di Ludovica Trezzani. Una collezione che, sempre nelle parole del gallerista-donatore, nel testo per l’Accademia di San Luca, procede «dall’archeologia romana e cinese Han alla scultura del Gandhāra, dai dipinti e sculture di ogni epoca ai bulini e acqueforti, da Dürer a Piranesi, Goya, alle miniature indiane». Il tutto in piena sintonia filosofica con gli amati Donald Judd, Giuseppe Penone, Alighiero Boetti o Joseph Kosuth.
Per la donazione, Sperone ha scelto Roma, città di cui si innamorò negli anni in cui, dal 1972 al 2004, tenne una galleria col suo nome, parallelamente a quella di New York con Angela Westwater. Parlando di sé come un Ulisse del tempo, Sperone ha detto: «La mia Troia è New York, anche se mai conquistata, la mia Itaca non può essere che Roma. È lì che per millenni convergevano genti e filosofie, spesso in conflitto, ed è da lì che deriva la mia idea di coesistenza forzosa e salvifica. Tutta la città è un quadro a cielo aperto, e gli opposti incrociati e incrostati con scintille millenarie continuano a produrre esiti sorprendenti».

Giulio Paolini, «Crepuscolo degli Idoli», 1997. Foto: Mauro Coen e Franco Borrelli