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Veduta dell’allestimento di «Senza titolo (Nabucco)» (2003), di Jannis Kounellis, presso il MaXXI. Foto: Vincenzo Labellarte. Cortesia Fondazione MaXXI. © Estate of Jannis Kounellis, by SIAE 2023

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Veduta dell’allestimento di «Senza titolo (Nabucco)» (2003), di Jannis Kounellis, presso il MaXXI. Foto: Vincenzo Labellarte. Cortesia Fondazione MaXXI. © Estate of Jannis Kounellis, by SIAE 2023

Giano Kounellis tra presente e passato

Nella Galleria 5 del MaXXI sono allestite tre grandi installazioni che sulle note del Nabucco rimandano alla concezione dell’artista sull’opera come messa in scena teatrale

Guglielmo Gigliotti

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Con «Jannis Kounellis. Notte» il MaXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, omaggia l’artista nato greco, naturalizzato italiano, e morto a Roma nel 2017, città dove giunse, ventenne, nel 1956. Si iscrisse da subito all’Accademia di Belle Arti della città, trovando come docente di Scenografia Toti Scialoja, che aprì la sua mente ai vasti orizzonti della cultura del ’900 e a una sensibilità dell’opera d’arte come messa in scena teatrale. Tale imprinting è risuonato forte in tutta la produzione artistica del greco-italiano, comprese le tre grandi installazioni della mostra al MaXXI, curata da Luigia Lonardelli e visibile fino al 30 aprile.

Luogo prescelto per i tre allestimenti è la Galleria 5 del museo progettato da Zaha Hadid, grande ambiente in salita, che culmina con una monumentale vetrata aperta sul cielo. A inframmezzare la veduta sono ora centinaia di piccoli piatti metallici da bilancia, sospesi davanti alla vetrata, disposti in sequenza verticale e recanti delicate nature morte a base di bicchieri, brocche di vetro e minute bottiglie. È un’opera senza titolo del 2003, realizzata per il chiostro del monastero di San Lazzaro degli Armeni a Venezia, dove pendeva dai numerosi archi antichi. Vetri e riflessi di luce sembrano galleggiare ora come visti in sogno, evocando una leggerezza che non è di questo mondo.
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La triade installativa è tuttavia inaugurata dal «Senza titolo (Notte)», che ha dato anche il titolo alla mostra: qui, cinque grandi lamiere quadrate che pendono oblique dal soffitto fanno da supporto alle grandi lettere nere dipinte su fogli di carta, a formare la parola «notte». L’opera, del ’96, è una meditazione sulla serie pittorica a grandi lettere o numeri neri, realizzata negli anni Sessanta. Si osserva la «Notte» di Kounellis, avendo nelle orecchie le note di pianoforte della terza opera ambientale, il «Senza titolo (Nabucco)».

Presentata per la prima volta nel 1970 al Palazzo delle Esposizioni, in occasione della mostra «Vitalità del negativo nell’arte italiana», curata da Achille Bonito Oliva, l’opera consta di un alto podio di lamiere sovrapposte, su cui si erge un pianoforte, suonato da un pianista-performer. La melodia è quella del «Va pensiero», ma l’esecuzione è rallentata, e si dilunga in sequenze dolci e malinconiche. L’opera-azione testimonia il grande amore di Jannis Kounellis per la musica classica, in più occasioni divenuta parte costituente delle sue opere. Ma tutti e tre i lavori costituiscono esempi cristallini di quella capacità di sintesi plastica e rappresentativa, propria dell’artista, fondata sulla misura esatta del rapporto tra materie «povere», oggetti e spazio circostante, secondo cadenze di un’enfasi che l’artista definiva «antica» e che faceva risalire al suo interesse per il mito.

Il presidente della Fondazione MaXXI, Alessandro Giuli, ha ricordato, non a caso, quanto Kounellis amasse ritrovare nel suo nome (Jannis, Gianni), quello del bicefalo Giano, dio delle soglie tra passato e presente, nume tutelare di ogni inizio che si ripete all’infinito, al di là del tempo.

Guglielmo Gigliotti, 15 dicembre 2023 | © Riproduzione riservata

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