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Due città, Roma e Venezia, e un solo anno, il 1960: entro questo perimetro spaziale e temporale è racchiusa la vicenda poco nota del Gruppo Crack, che riunì per il solo tempo della mostra tenuta nel 1960 nella galleria Il Canale di Venezia, otto protagonisti della scena artistica romana (Pietro Cascella, Piero Dorazio, Gino Marotta, Fabio Mauri, Gastone Novelli, Achille Perilli, Mimmo Rotella, Giulio Turcato), con il poeta e critico Cesare Vivaldi, in un’avventura che intendeva opporsi tanto a un Informale ormai consunto quanto al dibattito critico, che ancora si trascinava dall’immediato dopoguerra, fra le opposte ragioni dell’astrazione e del realismo, questo tenacemente promosso dal Pci (memorabile l’attacco sferrato nel 1948 su «Rinascita» agli «orrori» dell’astrazione da Roderigo di Castiglia, nom de plume di Palmiro Togliatti). Diversi per generazione e per linguaggio, gli otto artisti erano accomunati dalla volontà di rompere le righe e di opporsi al clima dominante.
A questa breve ma significativa avventura la Galleria Gracis di Milano dedica, dal 20 marzo al 20 giugno, una mostra di ricerca, curata da una studiosa come Laura Cherubini, con il contributo critico di Francesco Guzzetti, in collaborazione con gli Archivi di ognuno degli artisti. Una vera primizia, del tutto inedita e sorretta da un robusto progetto scientifico e critico, che riunisce circa 25 opere degli esponenti del Gruppo Crack, molte delle quali presentate nella mostra del 1960 e riprodotte nel catalogo della casa editrice Krachmalnicoff di Achille Mauri (cui la mostra è dedicata), fratello di Fabio, riprodotto in ristampa anastatica nel catalogo (Manfredi Maretti) di questa mostra. Fra i lavori esposti, un gruppo di rilievi poco visti di Piero Dorazio, che figuravano in quel lontano catalogo. Come sia nata l’idea della mostra ce lo racconta Laura Cherubini: «ero molto amica di Fabio Mauri e di Gino Marotta, che mi parlavano spesso di quel gruppo in cui si erano uniti “per diversità e non per affinità”, mi dicevano, e per la volontà di stare comunque insieme. Senza contare che con loro c’era Cesare Vivaldi, poeta ma anche critico, forse il più sensibile in quel crinale così fertile degli anni fra i ’50 e i ’60: una vicenda che meritava di essere riscoperta».

Piero Dorazio, «Verde Tu», 1962. Courtesy Archivio Piero Dorazio

Gino Marotta, «Apollo», 1960. Courtesy Archivio Gino Marotta