Egon Schiele è uno dei cavalli vincenti del Leopold Museum, che detiene la collezione più cospicua al mondo. La sua mostra permanente sulla Vienna attorno al 1900 dedica grande spazio all’artista viennese e lo inserisce in modo esemplare nel contesto dei decenni a cavallo fra ’800 e ’900. Ogni anno un convegno nelle sale del museo dedica attenzione a diversi aspetti della produzione dell’enfant terrible espressionista, morto a soli 28 anni nel 1918, e produce regolari pubblicazioni sui temi che vengono via via approfonditi. La prossima edizione sarà a novembre.
Anche l’attività espositiva del museo torna regolarmente su Schiele, il cui apprezzamento da parte del pubblico rimane costante. Dal 28 marzo al 13 luglio la mostra «Tempi di cambiamento. Gli ultimi anni di Egon Schiele 1914-1918» si addentra con nove capitoli nella fase finale dell’attività di Schiele. Curata da Kirstin Jesse e da Jane Kallir, considerata una delle massime conoscitrici dell’artista, la mostra propone opere a partire dall’anno fatidico 1914, che costituì la radicale cesura storica da cui derivò il colpo finale per l’impero austro-ungarico.
Anche la produzione di Schiele segnò da quell’anno una nuova fase, non solo perché ebbe quindici mostre in Austria e all’estero, e meditava di trasferirsi a Parigi per «vivere tra persone libere», ma anche perché le sue linee diventarono più morbide e fluide, e le figure più voluminose e con forme assai lontane dalle magrezze estreme degli anni precedenti, tanto che alcune sue opere degli ultimissimi anni di vita svelano profonde parentele con Gustav Klimt e talvolta anche con Oskar Kokoschka.
Dal punto di vista biografico, il primo anno di guerra lo vide risparmiato dal servizio militare, tanto che poté concentrarsi sulla sua relazione con Edith Harms, poi sposata nell’estate del 1915, ponendo così fine alla lunga relazione con la modella Wally Neuziel. Appena dopo le nozze Schiele venne tuttavia richiamato e dovette iniziare l’addestramento militare. Tutte esperienze che resero il suo stile più realistico e il suo interesse più rivolto alla quotidianità.
La mostra al Leopold Museum propone una selezione di 120 opere dalla propria collezione, ampliata tuttavia da importanti prestiti, di cui un folto corpus da privati. Fra questi, quattro disegni mai esposti prima e il grande ritratto del pittore Albert Paris von Gütersloh del 1918, proveniente dal Minneapolis Institute of Art. Nel percorso espositivo figurano anche documenti di rilievo, come l’inedito diario di Edith di quell’ultimo scorcio della vita di Egon, di proprietà del Kallir Research Institute di New York City, e il diario dello stesso artista, scritto nel 1916, di proprietà dell’Albertina. Degli anni della Prima guerra mondiale sono alcuni esempi dalla serie di ritratti di prigionieri di guerra, soprattutto russi, e di suoi superiori, e un autoritratto in uniforme, del 1916, dalla collezione Richard Nagy di Londra, ma anche numerosi ritratti commissionati da personalità di spicco della vita culturale e artistica di Vienna, e alcuni paesaggi.
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Egon Schiele, «Bildnis des Malers Alb ert Paris von Gütersloh», 1918
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Egon Schiele, «Zerfallende Mühle (Bergmühle)», 1916