Nicolas Ballario
Leggi i suoi articoliIl bravissimo Angelo Argento, avvocato e presidente della piattaforma Cultura Italiae, ha creato alcune chat WhatsApp per discutere di cosa succede nel mondo delle arti, musica, teatro e molto altro, con direttori di musei, giornalisti, critici, collezionisti e personalità del mondo culturale italiano. In un paio di queste ci sono anch’io e devo dire che si sono limitate (quasi) sempre alla segnalazione di notizie ed eventi, senza (quasi) mai creare discussione.
Ad eccezione di un paio di settimane fa. La guerra, direte voi. E invece no, quell’argomento si è esaurito quasi subito: biasimavamo le parole di un noto curatore che insopportabilmente si mostrava equidistante tra le posizioni del Governo ucraino e il criminale Putin, quando un critico della chat ha iniziato a parlare male delle mostre di questo curatore, solo per poterci dire che le sue invece sono belle. Patetico, lo so.
Dicevamo: una discussione feroce si è invece sviluppata intorno al lavoro di Jago. Tra chi inorridiva a sentirne il nome e chi invece diceva «finalmente un artista della gente e non delle élite», folli posizioni che sostenevano che l’arte sia come la scienza (gli esperti devono avere ragione senza se e senza ma) e iperboliche espressioni che parlavano di «genio assoluto», accuse e stilettate a destra e a manca, siamo arrivati persino a una nota direttrice di museo di arte contemporanea che offriva lezioni per un mese su un’isola deserta a chiunque mettesse Jago sullo stesso piano, o anche soltanto un piano sotto, di Giuseppe Penone.
Non posso fare nomi purtroppo (se non quello del mio amico Luca Beatrice, perché so che non mi querelerebbe mai, che ha addirittura abbandonato la chat per protestare contro il fatto che Jago fosse anche solo argomento di conversazione). Ecco, io Jago lo voglio ringraziare: sa di non essere affatto il mio tipo, ma almeno ha animato un pochino una chat fino a quel momento poco stimolante.
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