Nicolas Ballario
Leggi i suoi articoliEnzo Mari, Achille Castiglioni, Gio Ponti, Ettore Sottsass: tutti i nomi del grande design si rivolgevano al suo studio fotografico. A 92 anni ci lascia Marirosa Toscani Ballo, che nella vita è riuscita nel dolce sortilegio di avere un ruolo da protagonista, pur rimanendo sempre dietro le quinte. O meglio, dietro l’obiettivo di quella macchina fotografica che in casa maneggiava fin da bambina, perché suo padre Fedele Toscani fu il fotoreporter del «Corriere della Sera». E lei che era abituata a vedere passare per casa Buzzati e Montanelli, alla professione di fotografa è stata prestata per uno scherzo del destino, quando il padre si ammala di pleurite e quindi, ancora liceale, deve prendere le redini dell’agenzia fondata da lui, la Rotofoto.
Appena diciottenne è al comando di una pattuglia di fotografi e, neanche a dirlo, è l’unica donna. Si iscrive all’Accademia di Brera, ma da fotografare ci sono i mondiali di automobilismo a Barcellona, Miss Italia, l’alluvione del Polesine e tutti quei felici o tristi avvenimenti che segnavano la storia d’Italia e di cui abbiamo traccia anche grazie a lei. In quel periodo conosce Aldo Ballo, lo arruola e lo sposa.
Insieme fondano poi lo studio Ballo+Ballo, spronati da alcuni amici che rispondevano al nome di Gae Aulenti o Bruno Munari: lo still life diventa il loro lessico. Insieme creano un linguaggio del tutto nuovo, riuscendo a mettere a nudo gli oggetti, entrando in loro e mostrandoli con una semplicità e un rigore impensabili fino ad allora. È Marirosa Toscani a dirigere l’orchestra dei professionisti che stanno dietro quelle fotografie e marchi come Olivetti, Bassetti, Barilla, Pirelli e molti altri vedono in lei una sorta di nume tutelare della luce, dell’anima che sembrano avere una un calice, una sedia, una macchina da scrivere quando escono dal loro studio.
Anche dopo la scomparsa «del Ballo» (così lo chiamava lei) nel 1994 Marirosa Toscani continua a lavorare, oltre che a gestire un archivio sconfinato e dettagliatissimo. D’altronde è proprio la cura del dettaglio ad avere connotato questa donna che ha lasciato un segno indelebile nella storia della fotografia di design.
Minuziosa e instancabile, per lei il lavoro andava oltre l’immagine, era una sorta di artigiana-filosofa dell’immagine che si esprimeva anche nell’invisibile: un giorno si trovò sul set proprio insieme a Ettore Sottsass per fotografare il suo portafrutta Murmanks. Uva, pere, arance e altro posizionate, pronte per lo scatto perfetto, quando lei nota sulla parte posteriore del vassoio una mela un pochino marcia, nascosta dal resto della frutta e allora smonta tutto e ricomincia da capo. «Marirosa, era dietro e nessuno l’avrebbe vista, nessuno lo avrebbe saputo», le dice Sottsass, che si sente rispondere: «Lo avrei saputo io».
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