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Flaminio Gualdoni
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Hauser & Wirth, solida impresa mercantile d’arte con caratteri multinazionali, apre una nuova sede a Basilea: e questa non è una novità. Ne ha molte, dovunque, e procede a gonfie vele. La vera novità è che semmai questa volta esce dal canone stretto dell’arte contemporanea, e si inoltra nello storicizzato, con «Vilhelm Hammershøi. Silence» (1 giugno-13 luglio), prima mostra in Svizzera dedicata al pittore.
Hammershøi (1864-1916) era danese, di Copenaghen. Era di un anno più giovane di Munch, coetaneo di Jawlensky e di due anni più vecchio di Kandinskij, nonché molto più giovane di Cézanne, Monet, Van Gogh. Ma dipingeva come fosse il nonno di Balthus, e per di più senza averne la ferocia: la sua è una pittura metafisica in chiave domestica, dai toni bassi ed educati: più che silenziosa, sommessamente mormorante. Interessante, per un verso: è un pittore danese, è un minore dalle qualità non banali (e lo dico da fan pressoché solitario di Akseli Gallen-Kallela, singolare artista finnico quasi coetaneo di Hammershøi), ha respirato l’aria del tempo dei grandi moderni ma non ne è stato minimamente intaccato. Per altro verso, sembra un olandese dei secoli felici, ma come trafitto da una vena irrevocabile di nostalgia. Un caso locale, esponente di una cultura minoritaria, celebre soprattutto per aver dato una moglie per bene a Gauguin, che faceva di tutto per essere per male, come se la Danimarca fosse un’ansa lentissima del fiume altrimenti tumultuoso della modernità.
Che cos’è passato nella mente ai responsabili di Hauser & Wirth, quando hanno deciso di dedicargli una mostra così eccentrica? A occhio e croce alcune considerazioni molto prosaiche. In primo luogo, nella trappola di proporre qualcosa di diverso dai «soliti francesi» sono già caduti importanti musei, dal Musée d’Orsay alla Royal Academy, quindi Hammershøi è un artista già sdoganato dalle istituzioni. Poi, c’è la questione dei prezzi e dei valori: un Hammershøi costa poco, in termini di milioni di euro, cioè incarna la perfetta figura di un pittore non troppo caro tra quelli che costano molto, oltre al fatto che i suoi soggetti sono tranquillizzanti, perfettamente «borghesi», il che aiuta i collezionisti meno avventurosi a farli sentire à la page senza farli soffrire. Un’altra considerazione riguarda la Danimarca e più latamente tutto il mercato scandinavo: si tratta di Paesi ricchi, solidi e ormai non marginali rispetto ai mercati d’arte principali. Titillarne un po’ gli istinti identitari è una buona mossa di posizionamento per la galleria.
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