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Esterno del Padiglione Tavolara. Foto Virdis

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Esterno del Padiglione Tavolara. Foto Virdis

I Nuragici sono ancora tra noi

Una mostra nel Padiglione Tavolara di Sassari svelerà nel 2024 quanto uno dei grandi popoli del mare continui a influire sulla Sardegna moderna e contemporanea

Giovanna Pittalis

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«L’Onda nuragica. Arte, artigianato e design alla prova della preistoria» è la mostra in arrivo per il 2024 al Padiglione Tavolara di Sassari, a cura di Giuliana Altea, Antonella Camarda, Luca Cheri, con l’assistenza di Antonio Ottavio Cattari e Luca Poddighe. Un’esposizione promossa dal Comune di Sassari, in collaborazione con la Fondazione di Sardegna e Bibanca, organizzata dalla Fondazione Nivola, per esplorare l’influenza della civiltà nuragica e prenuragica sull’arte e cultura del Novecento e del contemporaneo isolano. Una civiltà che continua a stupire ancora oggi, incuriosendo, per i suoi misteri, sardi e non.

Sono tanti gli artisti, artigiani, designer, cineasti, fumettisti, creativi di ogni genere a essersi ispirati a uno dei grandi popoli del mare, tutt’oggi al centro di vari dibattiti culturali, politici e mediatici. «Le ricostruzioni più o meno fantasiose del passato più remoto dell’isola, onnipresenti in produzioni culturali diverse, dai romanzi ai videogames, dalla pubblicità alla Street art, dimostrano che i Nuragici sono ancora tra noi», affermano i curatori, che proseguono spiegando la storia e la teoria celata dietro la mostra allestita nel Padiglione Tavolara (riaperto lo scorso anno) seguendo il filo logico e i medesimi obiettivi perseguiti dai fondatori che lo inaugurarono nel 1956.

«Nel 1949 e nel 1950 due mostre di bronzetti nuragici, all’Opera Bevilacqua La Masa di Venezia e alla Galleria Nazionale di Roma, portarono la preistoria sarda all’attenzione della cultura internazionale. Si toccava così il culmine di una riscoperta iniziata nel secolo precedente, aggiungono. Le mostre del 1949-50, curate da Giovanni Lilliu e Gennaro Pesce, determinarono una svolta sia nelle scoperte archeologiche sia nell’utilizzo di queste in funzione ideologica». È la nascita di quell’immaginario che vede il bronzetto nuragico come icona, come simbolo che nell’immediato evoca nella mente dell’osservatore un’immagine della Sardegna.

«I bronzetti nuragici, proseguono i curatori, catalizzarono l’attenzione del pubblico e della stampa, non solo in virtù della loro importanza storica, ma anche e soprattutto per la loro eccellenza estetica. La scoperta nel 1951 dell’imponente “reggia” nuragica di Barumini contribuì ad alimentare i riferimenti ideologici in artisti e intellettuali sardi del periodo». Un filone iconografico destinato a durare sino agli anni Sessanta, che incise notevolmente su artisti quali Mauro Manca, Ausonio Tanda, Giovanni Nonnis, Fabio Lumbau, Franco d’Aspro e Costantino Nivola, che agì quasi da tramite per l’architettura del Novecento con Le Corbusier e Franco Albini.

Per quanto riguarda design e artigianato si fanno spazio Federico e Melkiorre Melis, Maria Lai, Giuseppe Silecchia, Gavino Tilocca. Da segnalare la presenza di Aldo Rossi con una spettacolare serie di tappeti ispirati alla preistoria della Sardegna, provenienti dalla collezione di Bibanca, che costituisce uno dei nuclei centrali della mostra. Dalla metà degli anni Sessanta a oggi, e con la spinta della nascita della Costa Smeralda, l’universo nuragico e prenuragico è protagonista immancabile di una vasta produzione di oggettistica per turisti, spesso realizzata da artigiani del luogo desiderosi di portare un pezzo della propria storia nel mondo, come la mostra al Padiglione Tavolara, finalizzata alla riscoperta e valorizzazione del patrimonio storico e artistico isolano della Sardegna arcaica.
 

Giovanna Pittalis, 26 dicembre 2023 | © Riproduzione riservata

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