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Pieter Brueghel il Giovane, The Village Lawyer’s Office

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Pieter Brueghel il Giovane, The Village Lawyer’s Office

I 70 anni di BRAFA sotto le Valchirie di Vasconcelos

Inaugurata la 70ma edizione con 130 gallerie da 16 Paesi. Ecco il nostro tour in quattro tappe: Joana Vasconcelos, l’ittiosauro Mutti, una marmorea testa antonina e un grande dipinto di Pieter Brueghel il Giovane

Davide Landoni

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Pendono dal soffitto le «Valchirie» di Joana Vasconcelos, organismi di tessuto colorato che sembrano respirare, muovere le quattro braccia come esseri globulari. Si allungano e contraggono, palpitano di forme astratte, colorate e luminose, diffondendo tra i corridoi di BRAFA l’atmosfera pacata e floreale di una fiera che alla settantesima edizione possiede l’energia composta dell’autorevolezza. Sono due le creature che l’artista portoghese, ospite d’onore 2025, ha posizionato nel centro degli altrettanti padiglioni che raccolgono, dal 26 gennaio al 2 febbraio, 130 gallerie da 16 Paesi, giunte a Brussels Expo con la consueta eterogeneità di proposta. Elegante eccentricità che si traduce in misurato sfarzo anche nella prima edizione guidata da Klaas Muller, concentrato in particolare nelle gigantesche installazioni di Vasconcelos. Sono i punti focali da dove si diramano gli stand, riferimenti da cui partire e ritornare, dove trovarsi a raccogliere le idee per poi ricominciare l’esplorazione di un evento che fa della mutevolezza e dell’eclettismo la propria cifra distintiva. Per restituire la vastità e la peculiarità della proposta, abbiamo individuato quattro pezzi chiave della fiera, passaggi di un percorso che muove dalla preistoria alla modernità, chiamando in causa medium e linguaggi lontanissimi tra loro.

 

BRAFA 2025, General view with Valkyrie Leonie by Joana Vasconcelos © Olivier Pirard © Atelier Joana Vasconcelos

Partiamo da un reperto che risale a circa 250 milioni di anni fa, 20 milioni di anni prima della comparsa dei dinosauri sulla Terra. Si chiama Mutti ed è un fossile di ittiosauro. A proporlo è Stone Gallery, che tra pietre meteoritiche e zampe di mammuth eleva il mostro marino al centro del proprio stand. Ritrovato nel sud della Germania e acquistato dalla galleria nel 2019, la preparazione del fossile è stata lenta e meticolosa, stretta tra la volontà di conservarne l’integrità e la necessità di fare emergere la forma dell’animale dalla roccia. E cosa è emerso? Uno scheletro perfettamente articolato, con due embrioni ben visibili nel grembo, evidenza di una gravidanza che rende il reperto una sorta di gruppo scultoreo, tragico e commovente, simbolo di maternità e fertilità. Rarità che rende il fossile il più prezioso, nel suo genere, sul mercato mondiale. Per questo il prezzo si aggira intorno al milione di euro, di certo tra i pezzi forti della fiera. La richiesta, seppure elevata, segue l’intensificarsi della proposta di materiali preistorici, che stanno vivendo il miglior periodo di sempre. Basti pensare che quest’anno, a luglio, Sotheby’s ha venduto un fossile di Stegosaurus per 45 milioni di dollari, il più prezioso mai passato all’asta, stracciando la stima di 4-6 milioni. Se c’è un momento per puntare sul genere, forse è proprio questo. Sempiterne, come il loro pallore marmoreo, le sculture greco-romane esposte da Desmet Fine Art, tra cui spicca «Head Hellenistic Man». Risalente all’epoca antonina, II secolo a.C., è passata di mano tra galleristi e collezionisti americani ed europei, fino a prendersi la scena a BRAFA all’ombra di una riproduzione in gesso di una sezione del Partenone (già venduta da Desmet per circa 70mila euro). I grandi occhi vuoti conservano un vago sentimento di smarrimento impresso sul volto delicato del ragazzo, cesellato nelle labbra leggermente socchiuse, vibranti di un accennato stupore. A rendere speciale l’opera, e a consolidarne la richiesta di 420mila euro, è però la tempestosa massa di ricci che espande, ondeggiando, il volume del soggetto. La resa, sottolinea Tobias Desmet, «è quasi barocca, sorprende per modernità e bilanciamento degli opposti. Non è facile trovare questa esuberanza formale in un’opera classica».


 

Egon Schiele, Donna seduta, 1917

Head Hellenistic Man

C’è chi cerca invece il ruvido contatto col legno, la vitalità permanente di ciò che è stato vivo e continua a resistere nelle forme affilate e geometriche dell’arte africana. Tipologia di collezionista che a BRAFA può muoversi in una proposta profonda, la più convincente del panorama. Sarà forse l’eco colonialista che rende i Paesi del nord Europa più vicini, o inclini, ad appassionarsi di questo tipo di reperti. Da Dalton Somaré, galleria milanese, mettono l’accento su qualche possibile fraintendimento in proposito. «Si tratta di opere realizzate perlopiù nel XIX-XX secolo - spiega il gallerista Tomaso Vigorelli - dunque l’aspetto archeologico è relativo». Anche quello culturale, con le funzioni ritualistiche che spesso passano in secondo piano, non è la fonte principale del loro fascino. Esso risiede infatti «nella pura qualità estetica delle opere, lontane dal nostro linguaggio ma fortemente d’ispirazione per le avanguardie del Novecento, con artisti come Picasso, Modigliani e Giacometti che hanno gettato più di un occhio alle loro forme». Chi le guarda oggi, da Dalton Somarè, le vede incorniciate in uno scenario «architettonico» che riprende la facciata della Cà Brüta di Milano, edificio simbolo del movimento Novecento disegnato da Giovanni Muzio, bisnonno dei galleristi, e riprodotto lungo le pareti dell’intero stand. Il dialogo formale funziona, come funziona il dialogo con i buyers, chiamati a spendere cifre in linea con il mercato, dai 50 ai 100mila euro, per acquistarne una delle opere esposte. Da qui giungiamo finalmente alla pittura, il più familiare dei medium, che nella fiera belga non può che essere declinata in tinta fiamminga. Allora dirigiamoci diretti verso De Jonckheere, galleria olandese che primeggia nel genere. Al centro del suo stand giganteggia uno tra i pezzi più rilevanti dell’evento: «The Village Lawyer’s Office» di Pieter Brueghel il Giovane. Il tema, che si distingue per essere uno dei pochi non ereditati dal padre, è stato interpretato dal pittore in circa 20 versioni. Quasi tutte di piccolo formato, questa è invece di grandi dimensioni, teatrale nell’accogliere lo spettatore all’interno di una scena grottesca e caricaturale, che raffigura un addetto alla riscossione delle tasse al lavoro. Una versione analoga, nel 2023 è passata in asta da Drouot,a Parigi, per 780mila euro. Ma l’invecchiamento era evidente, la consunzione scura e disturbante. Il quadro di De Jonckheere è tirato a lucido, di qualità e stato museale. La richiesta? Oltre 2 milioni di euro. Più che giustificata per quanto appena raccontato. Concluso il tour in quattro tappe, non possiamo però considerare di certo esaurita la proposta di BRAFA, che si spinge fino all’arte moderna e contemporanea, estendendosi a gioielli, design, arredi e fumetti contemporanei, abbracciando la creatività umana oltre qualsiasi confine di tempo, spazio e genere artistico. Un salone delle meraviglie che suscita infinito stupore.

Ittiosauro Mutti

Davide Landoni, 26 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

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