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Davide Landoni
Leggi i suoi articoliInserirsi nel mondo dell'arte, a prescindere dal ruolo che si intende ricoprire, non è questione semplice. Affermarsi nel sistema è ancora più complesso. Eppure arriva un momento, scavalcata chissà quale collina professionale, in cui le opportunità iniziano a presentarsi come dolci ostacoli lungo la discesa. Occasioni da cogliere, una dopo l'altra, scivolando sul piano inclinato del successo. È questa immagine a raffigurare al meglio la fase di carriera che sta vivendo Wael Shawky, artista egiziano, ma anche direttore artistico e figura di riferimento. Una parabola forse non immaginata nei presupposti, ma che ora si sta evolvendo a ritmo quasi frenetico. A cinquantaquattro anni, Shawky è reduce da dodici mesi da incorniciare: nella primavera 2024 ha rappresentato l'Egitto alla Biennale di Venezia, in autunno ha assunto la direzione artistica del centro residenze Fire Station a Doha, mentre a luglio 2025 è stato nominato direttore artistico della prima edizione di Art Basel Qatar, in programma a Doha nel febbraio 2026. L'apice della collina è stato dunque ampiamente superato; e l'artista si sta godendo la discesa vertiginosa attraverso le proposte che come margherite fioccano sul suo sentiero. Ma come ci è arrivato, Shawky, fino a questo punto?
Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1971, trascorre l'infanzia tra l’Egitto e la Mecca, dove vive fino all'adolescenza. Un confronto precoce con culture, religioni e società molto diverse tra loro che in qualche modo lo segna, e che riemergerà nella sua successiva pratica artistica. Dopo la laurea in Belle Arti all’Università di Alessandria, Shawky si trasferisce negli Stati Uniti, dove segue un master in fine arts all'University of Pennsylvania. È qui che avviene il primo incontro strutturato con il linguaggio dell’arte contemporanea occidentale, che l'autore assorbe senza lasciarsi travolgere, sviluppando gradualmente una poetica originale e personale, dove la stratificazione di storie e influenze sarà cruciale. La maturazione in tal senso arriva nel 2010 insieme al progetto Cabaret Crusades, una trilogia di film d’animazione realizzati con marionette, ispirata al saggio Le Crociate viste dagli arabi dello storico Amin Maalouf. Qui l’artista ribalta la prospettiva eurocentrica del racconto delle Crociate, restituendo voce ai popoli arabi e mettendo in scena il conflitto attraverso l’estetica straniante dei pupazzi, costruiti in legno, ceramica, vetro di Murano. Negli anni successivi, i tre episodi – The Horror Show File (2010), The Path to Cairo (2012) e The Secrets of Karbala (2015) – fanno il giro di musei e biennali di tutto il mondo, dal MoMA PS1 di New York alla Serpentine Gallery di Londra, da Documenta a Kassel alla Biennale di Venezia. È in particolare Documenta, una delle rassegne artistico-culturali più prestigiose al mondo, nel 2012 curata da Carolyn Christov-Bakargiev, a lanciare definitivamente la sua carriera.

Wael Shawky, Cabaret Crusades, MoMA PS1
A risultare efficace, oltre alla prospettiva alternativa che offre, capace di ribaltare certezze e consuetudini, è il modo in cui l’estetica infantile che utilizza nelle sue opere, disegni o video che siano, riesce a farsi narratrice della brutalità della guerra, del potere manipolatorio della religione e del ruolo della mitologia nella creazione dell'identità individuale e collettiva. Temi che tra il 2012 e il 2016 l’artista approfondisce in un’altra trilogia: Al Araba Al Madfūnā, ispirata ai racconti dello scrittore egiziano Mohamed Mustagab. In questi film, attori bambini recitano in arabo classico narrazioni tratte dalla tradizione orale del sud dell’Egitto, dando corpo a storie dense di allegoria e spiritualità. L’effetto, ancora una volta, è perturbante: l’innocenza diventa mezzo per affrontare temi adulti come la morte, la corruzione e il potere religioso. La miscela tra metodi narrativi tradizionali e le pratiche artistiche contemporanee partecipano a posizionarlo al centro del dibattito odierno, e non solo artistico. Del tutto attuale una certa sua vena revisionista - volta a sfidare e ampliare il modo eurocentrico in cui pensiamo alla storia, all'identità indivuale e collettiva, incoraggiando gli spettatori a riflettere sul passato e sul presente - in grado di mettere in discussione le narrazioni storiche dominanti.
La sua figura di artista arabo ma cosmopolita, radicato nel suo Paese ma aperto al dialogo e alla contaminazione, lo rende un soggetto ideale per fare da ponte tra oriente e occidente, preso da entrambi gli estremi come un punto di riferimento. Nel 2010 la sua autorevolezza è già tale che inizia a forzare il perimetro del ruolo d'artista e amplia il campo d'azione. Fonda così il MASS Alexandria, uno spazio indipendente di formazione per giovani artisti egiziani. MASS è oggi considerato un punto di riferimento nel panorama educativo della regione MENA (Medio Oriente e Nord Africa), e testimonia l’impegno di Shawky anche nel sostegno alla crescita di una nuova generazione di creativi. Nel frattempo, la carriera d'artista non rallenta. Nel 2014 espone alle Serpentine Galleries di Londra. Nel 2016 tiene mostre personali alla Kunsthaus Bregenz in Austria, alla Fondazione Merz e al Castello di Rivoli, entrambi a Torino. Alcune sue opere entrano a fare parte di importanti collezioni pubbliche, tra cui il Museum of Modern Art (MoMA) di New York, la National Gallery of Canada di Ottawa e la Tate Collection di Londra. I progetti allora si allargano, assumono proporzioni performative e teatrali. Nel 2017, Wael Shawky presenta in anteprima il suo ultimo progetto, Song of Roland: The Arabic Version, all'inaugurazione del Theater der Welt 2017 ad Amburgo, in Germania. La grande installazione musicale e teatrale traduce il poema epico francese La Chanson de Roland in arabo classico e vede la partecipazione di 25 cantanti delle Fiji. Nel 2017, Shawky prende parte a una residenza al Mathaf: Arab Museum of Modern Art, in collaborazione con la Fire Station di Doha, in Qatar, dove conduce le ricerche utili alla realizzazione del suo primo lungometraggio, incentrato sulla storia della produzione petrolifera nel Golfo Persico.

Wael Shawky, Drama 1882. Padiglione Egitto alla Biennale di Venezia 2024
Nel 2021 tiene una personale al Modern Art Museum of Fort Worth, nel 2022 all’M Leuven in Belgio e nel 2024 presenta I Am Hymns of the New Temples a Palazzo Grimani, a Venezia, opera ripresa ed esposta in questi giorni da una delle gallerie che lo rappresenta, Lia Rumma. Nello stesso anno espone le sue opere al Mucem di Marsiglia, al MACBA di Barcellona e alla Biennale di Sharjah. Una sorta di tappeto rosso che lo conduce a rappresentare l'Egitto alla Biennale di Venezia. Qui espone Drama 1882, un’opera monumentale che ricostruisce in forma di musical il fallito tentativo di rivoluzione del colonnello Ahmed Urabi contro la monarchia egiziana e la successiva invasione britannica. Il lavoro, eseguito da attori-pupazzi in un set teatrale labirintico, è un affresco politico e spirituale sulla modernità mancata del mondo arabo, e rappresenta ad oggi uno degli apici della maturità espressiva dell’artista. Quattro mesi dopo, a novembre, Qatar Museums (QM), la principale istituzione promotrice di iniziative culturali del Paese, lo nomina direttore artistico del polo creativo Fire Station: Artist in Residence, lo stesso a cui lui stesso aveva preso parte. Si tratta di un programma di residenze artistiche di livello mondiale per i residenti del Qatar, ideato per promuovere e alimentare la comunità artistica e creativa del Paese e arricchire la scena artistica. Fondata nel 2015 e situata in una stazione dei pompieri riadattata dall’architetto qatariota Ibrahim Mohamed Jaidah, la location offre un programma di nove mesi per creativi di tutte le discipline, consentendo ai giovani artisti di coltivare il loro talento attraverso supporto alla produzione, consulenza curatoriale e tutoraggio di artisti esperti.
La maturata esperienza manageriale e la posizione di prima fascia nel contesto artistico mondiale lo portano, infine, alla svolta di luglio 2025, quando - nonostante tutto, a sorpresa - Art Basel lo nomina direttore artistico della sua nuova fiera a Doha, che si terrà nei siti M7 e Doha Design District dal 5 al 7 febbraio 2026. Shawky è il primo artista ad essere nominato a una posizione direttiva di una fiera della costellazione Art Basel. Per realizzare l'evento inaugurale lavorerà al fianco del direttore artistico e direttore globale delle fiere di Art Basel, Vincenzo de Bellis, con cui parteciperà anche alla selezione delle gallerie partecipanti. Una posizione delicata che porta l'artista a contatto con l'aspetto più politico ed economico dell'arte, non limitandosi ad interpretarlo con le sue opere ma diventandone un attore a tutti gli effetti. La sua nomina assume infatti anche una valenza diplomatica, con il colosso fieristico intenzionato a entrare nel modo migliore in Medio Oriente, da tempo uno dei nuovi orizzonti del mondo dell'arte occidentale. Shawky potrebbe dunque funzionare da garante per una manifestazione che ha intenzione di porsi come player cruciale nei rapporti tra le due realtà, manifestando come obiettivo la promozione dell'arte locale e al tempo stesso un'internazionalizzazione del contesto qatariota grazie alla partecipazione delle top gallerie mondiali. A Shawky il difficile ruolo di tenere insieme tutto questo, allacciandolo con un certificato difficilmente ottenibile altrimenti: quello dell'autenticità.
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