Georgina Adam
Leggi i suoi articoliChe piaccia o no (e a me non piace affatto), Donald Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti e il mercato dell’arte dovrà fare i conti con lui e con le sue politiche nei prossimi quattro anni. Una cosa che ha già messo in chiaro è la sua promessa di imporre dazi doganali del 25% sulle importazioni dal Messico e dal Canada e di aggiungere un ulteriore 10% all’attuale tariffa del 7,5% sulle importazioni di dipinti dalla Cina. Per quanto riguarda l’Europa, Trump minaccia di imporre fino al 20% su tutte le importazioni. Tutto ciò terrorizza i mercanti d’arte. Gli Stati Uniti sono di gran lunga il più grande mercato dell’arte al mondo: nel 2023 hanno rappresentato il 42% delle vendite, molto più della Cina (19) e del Regno Unito (17%). Un aumento massiccio dei dazi all’importazione farà sicuramente ricredere gli acquirenti di opere d’arte, poiché i mercanti non avranno altra alternativa che trasferirli ai collezionisti.
In un anno così cupo, poi, l’arte latinoamericana è uno dei pochi settori in ripresa; basta pensare, ad esempio, ai prezzi sbalorditivi pagati per Leonora Carrington, nata in Gran Bretagna ma vissuta in Messico per la maggior parte della sua carriera. A maggio è stato stabilito un nuovo record di 28,5 milioni di dollari per le sue «Distractions de Dagobert» (1945); a novembre sono stati pagati 11,4 milioni di dollari per la sua scultura «La Grande Dame» (1951). Certo, i lavori di Carrington sono destinati al Museo d’Arte Latinoamericana di Buenos Aires (Malba), fondato dal collezionista Eduardo Costantini, ma un aumento dei dazi doganali dal Messico ostacolerà sicuramente la vendita di altri artisti di questo tipo negli Stati Uniti.
Trump sta bluffando? Purtroppo no. Francis Petit, direttore di Gander and White di New York, spedizioniere di opere d’arte, mi ha detto: «No, non credo affatto che stia bluffando. È imprevedibile, ma le tariffe fanno parte della sua strategia per aiutare gli Stati Uniti. Come e quando saranno imposte, nessuno lo sa. Ma ricordate che ha detto che arriveranno il primo giorno della sua presidenza. E ricordate anche che durante il suo primo mandato [nel 2017], ha fatto anche questo, benché dopo i negoziati alcune delle tariffe sulle importazioni europee siano state ridotte». L’integrazione delle tariffe, prosegue Petit, «avrà conseguenze sulle nostre economie che nessuno può ancora prevedere. Oggi le catene di approvvigionamento sono così complesse che per cambiarle ci vogliono anni».
Gli ho chiesto se esistano strategie per mitigare l’impatto. «Non proprio, mi ha risposto. L’unica soluzione, da commerciante, è ripensare ai pezzi che si venderanno, ma naturalmente la scelta per una fiera può richiedere mesi, se non anni. Per gli espositori non sarà così facile cambiare rotta». E prevede che a esserne più colpita sarà la fascia media e bassa del mercato. «Le opere eccezionali e uniche probabilmente se la caveranno, in quanto l’acquirente pagherà un extra, osserva Petit. Ma ci sarà un impatto sulla fascia di prezzo più bassa, perché il mercato è molto sensibile ai prezzi. La buona notizia è che è un buon momento per acquistare opere d’arte già presenti negli Stati Uniti, ad esempio alla fiera Art Basel di Miami Beach. Spendete i vostri soldi ora, prima che le tariffe entrino in vigore!»
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