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I must have di Tefaf New York 2025

Tra le opere e i reperti che si contenderanno i collezionisti una figura di Osiride in bronzo, una scultura tarda di Lee Bontecou e il primo collage di Magritte raffigurante l’uomo con la bombetta

Osman Can Yerebakan

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Lee Bontecou, «Untitled», 1980-2001 | Ortuzar, New York, e Marc Selwyn Fine Art, Los Angeles | Prezzo su richiesta

Scultore e incisore americano Lee Bontecou ha impiegato vent’anni per questa scultura sospesa in acciaio, porcellana, rete metallica, seta e filo metallico, larga circa 2 metri. Esposta per la prima nella retrospettiva dedicata all’artista nel 2003 dall’Hammer Museum di Los Angeles, è assimilabile a due sculture tarde delle medesime dimensioni custodite nelle collezioni del Museum of Contemporary Art di Chicago e del MoMA di New York. Figlio dell’inventore della prima canoa interamente in alluminio, sua madre lavorò come addetta ai trasmettitori sottomarini durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1956-57 Bontecou vinse una borsa di studio Fulbright che gli permise a di lavorare a Roma, dove iniziò a sperimentare terracotta e rete metallica e fu introdotta all’opera dei futuristi. 
In un momento di crescente interesse per le sue sculture da parte di istituzioni e collezionisti privati, Ortuzar e Marc Selwyn Fine Art ne espongono l’opera insieme a lavori più piccoli realizzati con materiali diversi, tra cui un disegno a grafite su carta del 1965 e un rilievo murale in acciaio saldato, tela, filo metallico e velluto del 1959.

René Magritte, «Untitled», 1926 | Di Donna Galleries, New York | 4 milioni di dollari

Quest’opera realizzata in gouache, acquerello e arta incollata su carta proviene direttamente dalla mostra «Histoire de ne pas rire. Le Surréalism en Belgique al Bozar di Bruxelles. È il primo collage in assoluto nel quale René Magritte include l’iconica figura maschile con bombetta, aveva iniziato a cimentarsi nei collage di carta solo un anno prima. Un tempo di proprietà del fratello, Raymond Magritte, e poi di sua nipote Arlette, la minuscola opera ha lasciato la famiglia nel 1993, acquisita dal collezionista e mercante belga Maurice Keitelman. Alle sue prime apparizioni anche il soggetto dell’albero con il bilboquet e l’uso dello spartito musicale per tracciare la silhouette delle figure rappresentate. Il catalogo ragionato dell’artista mostra che la maggior parte degli spartiti musicali incollati nelle opere di quest’epoca proviene da «Les Gâteau de Gottenberg», una commedia musicale edoardiana di George Grossmith Jr. e L. E. Berman. Il collage sarà esposto a novembre nella mostra «Magritte. La Ligne de Vie» del Museo Reale di Belle Arti di Anversa.

Statua in bronzo di Osiride, circa 664-332 a.C. | David Aaron, Londra | 475.000 sterline

Una famiglia britannica acquistò questa statua in bronzo alta 55 cm raffigurante Osiride nel 1911, dal mercante americano Ralph Huntington Blanchard, che gestiva al Cairo la galleria antiquaria Blanchard’s Egyptian Museum. Con le sembianze del dio egizio dell’oltretomba, assimilabile per dimensioni all’Osiride del Metropolitan Museum of Art, è in condizioni relativamente perfette, fatta eccezione per la mancanza della barba finta. Indossa la Corona Bianca dell’Alto Egitto ed è raffigurata con tratti del viso caratteristici del periodo: sopracciglia sottili su occhi ovali con contorni accentuati. La galleria londinese David Aaron, che debutta quest’anno al Tefaf York New, ha acquistato la statua dalla famiglia che ne era proprietaria da tre generazioni. L’opera è stata dunque recentemente restaurata, ripulendola dalla patina di lacca attribuibile alle più invasive tecniche di conservazione degli anni ’10. Il restauro ha messo in luce le condizioni perfette della superficie originale in bronzo, «fatto estremamente rara per materiali egizi di queste dimensioni», spiega il direttore della galleria.

Mantua Nangala, «Untitled», 2024 | Salon 94, New York | 80.000 dollari

Continua a crescere la presenza dell’arte aborigena al Tefaf. A marzo, a Maastricht, la galleria D’Lan Contemporary, con sede a Melbourne e New York, ha presentato per la prima volta nella storia della fiera uno stand interamente dedicato alle opere di artisti aborigeni. I collezionisti hanno risposto bene: la galleria ha registrato un totale di vendita di 1,4 milioni di dollari, cui ha contribuito un dipinto di Emily Kam Kngwarray venduto per 600.000 dollari. (La Tate Modern inaugura la prima mostra museale europea di Kngwarray a luglio). A New York, il Salon 94 espone invece una selezione di dipinti di Mantua Nangala, artista di Papunya Tula, nota per i suoi rigorosi dipinti a puntini in acrilico su lino. Nangala, è un membro influente dell’organizzazione Papunya Tula Artists, che conta 80 membri e uno spazio espositivo a Mparntwe/Alice Springs. Nata intorno al 1959, ha iniziato a dipingere nel 1998, concentrandosi sulla raffigurazione delle storie tramandate oralmente legate a Marrapinti, un sito di grotte rocciose, luogo sacro per le donne. I puntini di Nangala hanno un grande potere narrativo, spesso realizzati in un tono cremoso su uno sfondo terroso più scuro.

Testa barbuta romana di divinità, circa II secolo d.C. | Charles Ede, Londra | 100.000 dollari

Questa testa marmorea di modeste dimensioni raffigura una divinità greca che ha diviso gli studiosi, secondo alcuni si tratta infatti Zeus o Poseidone, secondo si tratterebbe invece di Asclepio, il meno noto dio della medicina. Ciò che non è in dubbio è invece la qualità del reperto, restaurato nella punta del naso e in una ciocca di capelli, sebbene Martin Clist, amministratore delegato di Charles Ede, affermi che sono proprio i piccoli danni a conferire alle antichità  la loro unicità. Il più antico proprietario del busto è il mercante di Colonia Axel G. Weber, che lo ha venduto al suo ultimo proprietario nell’autunno del 1977 alla Fiera d’Arte e Antiquariato Tedesca di Monaco. Nello stand di Charles Ede un torso in marmo di un giovane della stessa epoca, valutato 850.000 dollari.

Osman Can Yerebakan, 07 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

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