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Cristina Valota
Leggi i suoi articoliNonostante il panorama espositivo nazionale e internazionale sia indiscutibilmente monopolizzato da mostre di arte contemporanea in spazi pubblici (avremo più la fortuna di passeggiare nei Mercati di Traiano, tra le rovine di Pompei e di Ostia antica, a Palazzo Altemps senza essere costretti a schivare con lo sguardo lavori di artisti contemporanei?) e privati, il 2018 si è distinto per rassegne di maestri antichi o di nomi ormai «classici».
In Italia spiccano la retrospettiva di Tintoretto, che fino al 6 gennaio riunisce nel Palazzo Ducale di Venezia 50 dipinti e 20 disegni autografi del pittore in occasione dei 500 anni della sua nascita, e l’importante mostra di Carlo Carrà, in corso nel Palazzo Reale di Milano fino al 3 febbraio. È doveroso menzionare la grande rassegna che il Musée d’Orsay di Parigi dedica fino al 6 gennaio ai capolavori giovanili (80 dipinti, 150 disegni e documenti) dei Periodi Blu e Rosa di Picasso e la più ampia retrospettiva (30 dipinti, più di tre quarti della sua produzione, e 60 disegni) mai dedicata a Pieter Brueghel il Vecchio, aperta fino al 13 gennaio al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Ma la nostra preferenza va alla «mostra di due mostri sacri», Mantegna e Bellini, alla National Gallery di Londra fino al 27 gennaio. Il prezioso dialogo tra i due celebri cognati ha l’aria dell’occasione irripetibile, sia per la preziosità e fragilità delle opere riunite sia perché, frutto di anni di studi e di diplomatici scambi di opere, la raccolta di fondi che mostre come queste richiedono è un’impresa ormai al limite dell’impossibile. Unica nota negativa: la stampa del catalogo non all’altezza.
Nel 2017 il premiati erano Damien Hirst (Persona), Cinquecento a Firenze e Prada a Venezia (Mostra), Zeitz Mocaa a Città del Capo (Museo) e Guercino (Libro)

Il pubblico alla mostra di Bellini e Mantegna alla National Gallery diLondra
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