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I viaggi di Arturo

Walter Guadagnini

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Arturo Zavattini riceve in regalo dal padre (il celeberrimo sceneggiatore Cesare) la sua prima macchina fotografica nel 1949, quando ha diciannove anni; tre anni dopo, è già con Ernesto De Martino nella sua prima spedizione etnografica in Lucania, destinata a entrare nella storia dell’antropologia e della fotografia italiana.

Un amore a prima vista, dunque, che si rinforza nel corso degli anni successivi, nei quali Zavattini diviene uno dei più richiesti direttori della fotografia del cinema italiano, allora rappresentato da figure come Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Federico Fellini, Marcello Mastroianni, Sofia Loren. Figure che finiscono sotto l’obiettivo del fotografo anche nei momenti di pausa tra una scena e l’altra, in quella condivisione di spazi e azioni che è tipica del mondo cinematografico.

Abbandonata la professione, il fotografo che, ancora nel 1952, aveva accompagnato Paul Strand durante le riprese di «Un paese» a Luzzara, si dedica alla cura dell’Archivio Cesare Zavattini e del proprio archivio, dal quale oggi esce la bella mostra organizzata dall’Istituto Centrale per la Demoantropologia al Museo Nazionale Arti e Tradizioni Popolari di Roma, dal titolo «AZ  Arturo Zavattini fotografo. Viaggi e cinema 1950-1960» (dal 5 dicembre al 28 marzo, a cura di Francesco Faeta e Giacomo Daniele Fragapane, catalogo Contrasto con testi dei curatori e altri contributi).

Composta di oltre 180 immagini, stampate in grande formato, per la gran parte inedite, la mostra ripercorre le tappe principali della pratica fotografica di Zavattini attraverso la figura del viaggio, a partire dalla già citata esperienza in Lucania, a Tricarico, per proseguire con il viaggio nell’Italia del dopoguerra, «povera ma bella» e soprattutto autentica, con un linguaggio capace di coniugare l’estetica cinematografica neorealista con le suggestioni di una fotografia di matrice più internazionale, memore di Cartier Bresson e dello stesso Strand. 

Reportages possono essere considerati invece quelli composti dalle fotografie realizzate nel 1956 a Bangkok, nella provincia del Phetchaburi e nel Nord della Thailandia, dove Zavattini si trovava in qualità di operatore alla macchina nel film «La diga sul Pacifico» di René Clement, e nel 1960 a Cuba, isola nella quale Zavattini lavorò come operatore nel film «Historias de la revolucion» di Tomás Gutierréz Alea e dove scattò anche una fotografia a un giovane Comandante Ernesto Che Guevara a sua volta armato di macchina fotografica, già sulla via di assurgere al ruolo di icona rivoluzionaria planetaria.

Walter Guadagnini, 10 dicembre 2015 | © Riproduzione riservata

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