Sebbene gli Etruschi e la loro cultura costituiscano, per così dire, il «core business» della programmazione espositiva della Fondazione Luigi Rovati, che può contare su un’impareggiabile raccolta di reperti di quella civiltà, in parte esposti nell’ipogeo, essi non rappresentano certo l’unico tema d’interesse di questa istituzione che, non a caso, al Piano Nobile esibisce anche una collezione di arte contemporanea e che sulla commistione tra culture ed epoche diverse costruisce i suoi tracciati. Ora, però, l’attenzione si appunta su una stagione mai trattata prima, quei primi decenni dell’800 in cui fiorì il movimento artistico del Purismo, che s’ispirava ai modelli dell’idealismo quattrocentesco.
Lo scultore Lorenzo Bartolini (Savignano, Prato, 1777-Firenze, 1850) ne fu un esponente di primo piano e oggi è il protagonista della mostra «Il volto e l’allegoria. Sculture di Lorenzo Bartolini» (dal 25 settembre al 16 febbraio 2025), curata da uno studioso del calibro di Carlo Sisi, che si sviluppa al Piano Nobile, sin dall’ingresso. Qui trova posto (nella versione del 1846) una delle sue opere più note: la «Carità educatrice» commissionata nel 1817 a Bartolini dal granduca Ferdinando III di Toscana. Come sosteneva l’autore stesso, si tratta in primo luogo di una «scultura politica», poiché la madre che stringe al petto il bebè assopito, al contempo incita allo studio il figlio maggiore, in omaggio al modello politico dei Lorena, che teneva in gran conto anche le necessità spirituali dei sudditi, mentre l’iscrizione sul cartiglio fra le mani del maggiore rinvia a precetti evangelici.
Nella Sala Armi si dipana un racconto che mette in luce il percorso creativo di Bartolini, dal modello ai prototipi, all’opera finita, mentre nello Spazio Bianco va in scena la ricerca sul «volto», uno dei temi prediletti dallo scultore, che era maestro nel coniugare bellezza ideale e bellezza naturale, e nel restituire la verità psicologica dell’effigiato: con una speciale predilezione per i ritratti femminili, in cui si sbizzarriva a restituire le elaborate acconciature allora in voga. Amico, negli anni parigini, di Ingres, Bartolini si guadagnò l’ammirazione di Napoleone, di cui divenne uno degli scultori ufficiali. Il che non gli impedì, al tempo della Restaurazione, di ricevere commissioni importanti dai Lorena ma anche dai Demidov e dagli altri stranieri di passaggio o stanziati a Firenze, mentre a Milano conquistò la stima di Rosa Trivulzio, la madre di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, per cui realizza il marmo de «La fiducia in Dio». La mostra è accompagnata da un catalogo edito dalla Fondazione Luigi Rovati.