Nacque tutto con Francesco d’Assisi, il santo che mise per primo in versi lo stupore per la natura: «Fratello sole, sorella luna. La natura nell’arte tra Beato Angelico, Leonardo e Corot» è una mostra di 80 opere dal secolo XIII al secolo XIX che, allestita dal 15 marzo al 15 giugno nella Galleria nazionale dell’Umbria a Perugia, dispiega il percorso di questo stupore, espresso nella storia dell’arte. L’ispirazione ai magnifici versi del «Cantico delle creature» è dovuta alla celebrazione dell’ottavo centenario della sua creazione, quale primo testo poetico in volgare italiano. È un inno di gratitudine alla bellezza del creato, espresso con un moderno spirito di oggettivazione, che anticipa lo stesso Umanesimo: «Laudato sie, mi’ Signore / cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole / lo qual’è iorno, et allumini noi per lui … Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle: / in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle…». Curatori della mostra sono Costantino D’Orazio, direttore dei Musei nazionali di Perugia-Direzione regionale Musei nazionali Umbria, oltre a Veruska Picchiarelli e Carla Scagliosi, storiche dell’arte presso la Galleria nazionale dell’Umbria.

Beato Angelico, «Giudizio universale», 1431, Firenze, Museo di San Marco
Tra le opere più significative esposte a Perugia figura il «Giudizio Universale» di Beato Angelico, in prestito dal Museo di San Marco di Firenze, «La Tebaide» di Paolo Uccello dalla Galleria dell’Accademia di Firenze, e, dello stesso autore, la predella con il «Miracolo dell’Ostia profanata» dalla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino. Dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia giunge il «San Girolamo» di Piero della Francesca, messo a confronto con lo stesso soggetto dipinto circa cinquant’anni dopo da Lorenzo Lotto, proveniente da Castel Sant’Angelo a Roma. In mostra anche quattro disegni di Pisanello (dal Louvre di Parigi), capaci di restituire l’attenzione naturalistica di questo grande interprete del Gotico internazionale, pioniere dell’osservazione scientifica da parte degli artisti. La visione idealizzata della natura è illustrata da alcuni campioni della pittura classicista e barocca, da Annibale Carracci, con la «Visione di Sant’Eustachio», a Giovanni Lanfranco, con l’«Assunzione della Maddalena», proveniente dal Museo di Capodimonte a Napoli. Seguono i paesaggi ideali di Claude Lorrain e Nicolas Poussin, e poi il Settecento di Piranesi e l’Ottocento di Camille Corot.
Per la modernità, la natura è, sì, quella dipinta, ma anche quella scrutata con spirito empirico. Ecco allora in mostra il prezioso volume del Sidereus Nuncius di Galileo Galilei, le pagine del «Codice Atlantico» di Leonardo dedicate all’osservazione del volo degli uccelli, ma anche il De Pictura di Leon Battista Alberti, la Summa de arithmetica di Luca Pacioli e il De Perspectiva pingendi di Piero della Francesca.
Tra dipinti, disegni, incisioni, sculture e volumi a stampa, quindi, sono presentati i tanti modi di porsi dell’uomo moderno rispetto alla natura. Tra di essi, in mostra, anche prove eccellenti di Jan van Eyck, Albrecht Dürer, Lorenzo Lotto, Dosso Dossi, Giambologna, Jan Brueghel il Vecchio, Domenichino e Salvator Rosa. Ovvero il cantico delle creature per immagini.

Jean Baptiste Camille Corot, «Cascata di Terni», 1826, Roma, Collezione Bnl, Gruppo Bnp Paribas