Melania Lunazzi
Leggi i suoi articoliAttendono da sei anni il ricongiungimento con il monumentale Crocifisso ligneo per essere finalmente esposti assieme nel Duomo cui fin dall’origine erano destinati, ma una banale formalità, un cavillo burocratico, lo impedisce. E così le due sculture lignee dei Dolenti, Maria e Giovanni Evangelista, restaurate nel 2018 giacciono, invisibili al pubblico, nel caveau del locale Museo Archeologico Nazionale, mentre in chiesa il Crocifisso con cui formerebbero un raro gruppo scultoreo ha ai suoi lati due piedistalli ancora vuoti.
Il gruppo della Crocifissione di Cividale, opera egregia di maestro di cultura sveva del Duecento realizzata a mezzorilievo in legno di tiglio dipinto, costituisce quasi un unicum nel Nord Italia, dal momento che solamente nella Collegiata di San Candido, in Alta Pusteria, esiste un gruppo scultoreo integro di simili dimensioni di epoca romanica. La sua «riscoperta» è relativamente recente, risale al XVIII secolo, e lo è ancor di più il ricongiungimento-agnizione formale dei suoi tre elementi come gruppo: il Crocifisso (2,5 metri di altezza) e i Dolenti (1,35 metri), erano infatti stati «dimenticati» nella cripta del Duomo di Santa Maria Assunta fino al 1712, anno in cui vennero da lì sgomberati per permettere di eseguire lavori di statica sull’edificio sacro.
Una volta aggiornati con i canoni estetici settecenteschi e restaurati con stesure gessose e ridipinture per sanare decenni, se non secoli, di oblio e degrado, vennero separati ed esposti in due distinti edifici di culto della cittadina friulana: il Crocifisso, «imbarocchito» con l’aggiunta di raggi, nimbo e una parrucca, venne ricollocato su una nuova croce in Duomo; mentre i Dolenti, molto ridipinti, furono arbitrariamente sistemati sull’iconostasi dell’Oratorio di Santa Maria in Valle, alias Tempietto Longobardo. Esposti in due mostre dedicate alla scultura lignea del Friuli Venezia Giulia (negli anni Cinquanta e nei primi anni Ottanta del Novecento), Maria e Giovanni subirono contestualmente dei restauri nella parte delle vesti (ma non nei volti). Vennero inoltre per l’occasione analizzati da diversi studiosi, ma mai messi in relazione con il Crocifisso monumentale fino al 2012 quando quest’ultimo, appena restaurato e liberato dalle superfetazioni settecentesche, venne esposto accanto a essi nella mostra «Il crocifisso di Cividale» (catalogo Allemandi), tenutasi nella stessa cittadina in Palazzo De Nordis. La mostra era incentrata sulle sopravvivenze di scultura lignea, soprattutto monumentale, nell’area altoadriatica afferente al dominio del Patriarcato di Aquileia tra XII e XIII secolo. In quell’occasione gli studiosi vi intravidero, con occhio da conoscitori, il possibile legame fra i tre pezzi.
Tale legame venne confermato con il restauro del 2018, eseguito nei laboratori della Soprintendenza di Udine, dove i Dolenti furono smontati, nuovamente restaurati e liberati finalmente anche delle ridipinture dei volti, dove riemersero tra l’altro porzioni di pigmento originario. Ne emersero anche significative qualità formali: l’occhio originale aveva l’orbita più alta e la fronte di san Giovanni l’evidenziazione del muscolo procero, caratteristiche riconducibili a una stessa bottega che confermarono definitivamente l’appartenenza al grande Crocifisso, assieme alla «qualità dell’intaglio, al tipo di legno impiegato e al metodo costruttivo, che vede il sistema di assemblaggio dei masselli adoperato anche per il Crocifisso», afferma Angelo Pizzolongo che ha restaurato la triade scultorea. Si decise dunque, con l’avallo dell’allora soprintendente Luca Caburlotto e di tutti gli enti coinvolti (Polo museale del Friuli Venezia Giulia, Soprintendenza, Curia e Parrocchia), di procedere a un possibile ricongiungimento delle tre sculture. Nel 2019 Pizzolongo simulò una ricomposizione del gruppo con delle sagome fotografiche a grandezza naturale e una prova illuminotecnica; inoltre, in stretta collaborazione con gli studiosi specializzati, il restauratore ha ricostruito anche la plausibile altezza basandosi sul canone più vicino a un artista del XIII secolo, lo pseudovaroniano, variante del canone vitruviano classico che conta come unità di misura nove facce più un terzo, corrispondente alla zona che va dalla radice dei capelli alla sommità della testa: di fatto, una trentina di centimetri in più, quelli dei piedistalli su cui le due statue dovrebbero essere imperniate ai lati del Crocifisso, oggi ancora vuoti.
Dopo il pluriennale, e ormai da tempo concluso, lavoro di restauro e studio, resta un ultimo passaggio da fare per ricongiungere la triade: i 50 metri lineari che separano il Duomo dal Museo Archeologico Nazionale, dove i Dolenti giacciono, non visibili al pubblico, nei depositi. Un’operazione di trasloco dai costi irrisori, se non nulli. Il nodo però sta nel Comune di Cividale, che nel 1965 ha ereditato la proprietà dei Dolenti insieme alla proprietà del Tempietto Longobardo. Per acconsentire alla loro collocazione in Duomo, il Comune chiede infatti che venga stipulata un’assicurazione sulle due sculture proporzionale alla valutazione fatta dalla Soprintendenza che le ha sovrastimate 1,2 milioni di euro. L’importo annuo di 1.400 euro dovrebbe essere assolto dalla Parrocchia in quanto il Comune non potrebbe utilizzare soldi pubblici per un ente privato quale è la Parrocchia. Dal canto suo la Parrocchia, che dispone già di un’assicurazione per il Duomo e per i beni in esso contenuti, non può sostenere ulteriori spese. Il Comune sta cercando una strada alternativa ma dopo sei anni la questione resta irrisolta e il gruppo rimane smembrato a 50 metri di distanza.
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