Image

«Madonna con il Bambino», attribuita a Spinello Aretino, Belgrado, Museo Nazionale

Image

«Madonna con il Bambino», attribuita a Spinello Aretino, Belgrado, Museo Nazionale

Il Museo di Belgrado non vuole restituire otto opere all’Italia

Sono stati riconosciuti dipinti attribuiti a Tiziano, Tintoretto, Spinello Aretino, Giovanni Fei, alla bottega di Vittore Carpaccio e Paolo Veneziano, sottratte alla collezione fiorentina Contini Bonacossi. Nuove ricerche ne hanno identificate altre di Francesco Guardi, Michele Marieschi, Giuseppe Gambarini, Canaletto, Alessandro Turchi detto l’Orbetto

Carlotta Venegoni

Leggi i suoi articoli

Nel Museo Nazionale di Belgrado sono illegittimamente detenuti 19 dipinti che appartengono al patrimonio dello Stato italiano. Vi sono giunti attraverso una truffa organizzata magistralmente per mesi e messa in atto il 2 e il 10 giugno 1949: in quelle date, 166 oggetti lasciarono il palazzo di Monaco di Baviera in cui gli Alleati avevano stipato l’arte saccheggiata dai nazisti. Tra quelli, sono certamente state riconosciute otto opere, attribuite a Tiziano, Tintoretto, di Spinello Aretino, Giovanni Fei, della bottega di Vittore Carpaccio e Paolo Veneziano, sottratte alla collezione fiorentina Contini Bonacossi. Nuove ricerche ne hanno identificate altre, di Francesco Guardi, Michele Marieschi, Giuseppe Gambarini, Canaletto, Alessandro Turchi detto l’Orbetto. La storia e i dettagli del raggiro sono raccontati, con i caratteri propri dell’inchiesta giornalistica, nel libro di Tommaso Romanin e Vincenzo Sinapi, entrambi cronisti dell’Ansa. 

L’inchiesta giudiziaria inizia nel 2014, quando il Nucleo Tutela Patrimonio culturale di Firenze, durante una ricerca di routine sul web, nota un quadro esposto in una mostraallestita a Bologna tra 2004 e 2005 («Da Carpaccio a Canaletto. Tesori d’arte italiana dal Museo Nazionale di Belgrado»). Da qui prende il via l’indagine della Procura bolognese. Non fu l’unica opera a essere individuata: esaminando il catalogo dei tesori di arte italiana del Museo di Belgrado e incrociando le schede dei dipinti con quelle inserite in L’opera da ritrovare, il repertorio delle opere depredate dai nazisti in Italia e mai restituite, frutto del lavoro di Rodolfo Siviero, emerse che altri dipinti erano ricercati. Opere di grande valore, razziate da Hermann Goering, recuperate dai Monuments Men e fatte quindi confluire al Central collecting point di Monaco di Baviera. 

Da qui, la storia della truffa. Durante le fasi di restituzione, l’enigmatico faccendiere croato e spia, Ante Topić Mimara, si presentò come il «rappresentante jugoslavo per le restituzioni, le belle arti e i monumenti» e si fece consegnare impropriamente 166 oggetti, con la complicità di una giovane funzionaria tedesca del Centro. I beni raggiunsero in treno la Jugoslavia e nel luglio del ’49, attraverso una fumosa Commissione per i risarcimenti dei danni di guerra, vennero incamerati dal Museo Nazionale di Belgrado. Gli americani se ne accorsero quasi subito e ne chiesero, invano, la restituzione, desistendo dopo qualche anno da qualsiasi ulteriore rivendicazione, per evitare che il mondo venisse a conoscenza dell’eclatante inganno. I quadri rimasero per decenni stoccati nel Museo di Belgrado, chiuso per restauri. Intanto, le opere della collezione sono state inventariate e catalogate, ironia della sorte, proprio con il contributo del Governo italiano. La collaborazione tra storici dell’arte serbi e italiani, ignari degli otto «prigionieri di guerra», portò a una serie di mostre e proprio da una di queste prese le mosse l’inchiesta della Procura di Bologna, conclusasi con la richiesta dei magistrati di restituire i dipinti detenuti a Belgrado. Ad oggi, senza alcun risultato. Non è ancora chiaro quale sarà il prossimo passo, l’inchiesta giornalistica di Romanin e Sinapi aggiunge nuovi tasselli alle indagini, l’auspicio è che il loro lavoro rivitalizzi l’iniziativa giudiziaria.   

Bottino di guerra. Il giallo dei quadri razziati dai nazisti e deportati a Belgrado
di Tommaso Romanin e Vincenzo Sinapi, 324 pp., ill. col., Mursia, Milano 2024, € 18

La copertina del volume

Carlotta Venegoni, 25 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Yuri Primarosa riporta gli atti di una giornata di studi del 2021, con alcuni contributi che delineano il profilo umano e professionale dell’artista romana

Un libro per chi non ha il cervello pigro, che riflette sulla permanenza del segno umano

Un volume raccoglie gli atti del convegno tenuto all’Università «La Sapienza» nel 2020 sulla caccia e sugli animali nella Libraria e nelle collezioni di Francesco Maria II della Rovere

In Artes e technes Caterina Zaira Laskaris propone percorsi tematici che dai meccanismi realizzativi giungono fino alle problematiche conservative delle opere

Il Museo di Belgrado non vuole restituire otto opere all’Italia | Carlotta Venegoni

Il Museo di Belgrado non vuole restituire otto opere all’Italia | Carlotta Venegoni