Uno dei pannelli della «Maestà» di Duccio di Buoninsegna (1308-11): «La chiamata degli apostoli Pietro e Andrea». Washington, National Gallery of Art

Cortesia National Gallery of Art di Washington

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Uno dei pannelli della «Maestà» di Duccio di Buoninsegna (1308-11): «La chiamata degli apostoli Pietro e Andrea». Washington, National Gallery of Art

Cortesia National Gallery of Art di Washington

Il Rinascimento inizia nel Trecento a Siena

Una mostra al Metropolitan di New York il prossimo ottobre e successivamente alla National Gallery di Londra riunisce capolavori di Duccio di Buoninsegna e Simone Martini

Se pensate che il grande risveglio culturale dell’Italia sia iniziato nella Firenze del XV secolo, ricredetevi. Questo è ciò che ci incoraggerà a fare la mostra «Siena: The Rise of Painting 1300-1350» («Siena: la nascita della pittura 1300-1350»), che nel Metropolitan Museum of Art di New York prima (13 ottobre-26 gennaio 2025) e nella National Gallery di Londra poi (8 marzo-22 giugno 2025) (lo sponsor principale della mostra è Intesa Sanpaolo) riunirà opere e oggetti provenienti dalla Siena del XIV secolo, ricordandoci che la rivale politica ed economica della Firenze tardomedievale può essere anche considerata di pari importanza nella storia dell’arte.

«Siena: The Rise of Painting 1300-1350» è una mostra ampia e ambiziosa, che riunisce i capolavori trecenteschi del periodo d’oro di Siena realizzati da Duccio di Buoninsegna, Simone Martini e dai fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti. Dipinti su tavola che un tempo facevano parte di polittici, elaborati vasi in metallo e smalto e frammenti tessili decorati con gioielli evocheranno la città-stato al suo apice, quando era portatrice di nuove nozioni di responsabilità civica, pietà e prosperità. E, come si sostiene nella mostra, ha spinto il mondo occidentale a compiere una svolta epocale, allontanandosi dalla staticità dell’arte di influenza bizantina per passare a rappresentazioni caratterizzate da una maggiore sensibilità per il naturalismo.

«All’inizio del XIV secolo nella città di Siena accade qualcosa di straordinario», afferma Caroline Campbell, ex curatrice della National Gallery, che continua a lavorare alla mostra dal suo nuovo incarico di direttrice della National Gallery of Ireland di Dublino. «Vari artisti stanno compiendo qualcosa di rivoluzionario», dice riferendosi a Duccio e ai suoi illustri seguaci. «Guardano alla narrazione, a ciò che è la pittura. Questi artisti hanno davvero rinnovato le potenzialità della pittura».

Siena sembra ancora oggi un’idilliaca località isolata, congelata nel tempo ma che prende vita ogni estate per Il Palio, la corsa equestre in stile medievale che occupa la spettacolare Piazza del Campo, risalente al XIV secolo. Ma nei decenni precedenti la peste nera, Siena, sulla principale via di pellegrinaggio tra l’Europa settentrionale e Roma, era una potenza economica di livello internazionale, pioniera del sistema bancario moderno e di un governo di tipo repubblicano.

Il suo apogeo commerciale, politico e artistico fu probabilmente raggiunto il 9 giugno 1311, quando, come narra la leggenda, l’immenso pannello centrale della pala d’altare della «Maestà» di Duccio, raffigurante una Vergine in trono con il Bambino circondata da un dettagliato gruppo di santi e angeli, si avviò in processione dalla bottega dell’artista alla cattedrale.

Un tempo composta da oltre 40 pannelli singoli, la «Maestà» (opera al tempo stesso religiosa e politica, con la figura della Vergine vista come protettrice della città) è un evento unico nell’arte europea, un’opera suprema e variegata che ha dato il via all’intera scuola senese. Smontata nel XVIII secolo, la «Maestà» è ancora in parte in situ. Tuttavia, la sua predella, che raffigura scene della «Vita di Cristo», è dispersa tra i grandi musei del mondo.

Il Metropolitan Museum e la National Gallery sperano di riunire tutti gli otto pannelli superstiti della predella. Caratterizzati da un naturalismo che precede di un secolo il Rinascimento, i dipinti saranno esposti nel loro ordine originale. La «Chiamata degli Apostoli Pietro e Andrea», proveniente dalla National Gallery of Art di Washington, mostra una figura di Cristo serena che si rivolge ai suoi pescatori-apostoli, perplessi e dai lineamenti del volto addolciti. L’orlo dorato del panneggio di Cristo contrasta con la filigrana opaca della rete dei pescatori, colma di pesci molto realistici.

Duccio (1255-1319 ca) lasciò un erede nel suo allievo Simone Martini (1284-1344 ca), i cui viaggi lo portarono dalla corte angioina di Napoli a quella papale di Avignone, dove la scuola senese lasciò il suo segno in Francia. Secondo Caroline Campbell, gli studiosi sono ormai abbastanza certi che gran parte del «Polittico Orsini» di Simone Martini, una pala d’altare a sei pannelli realizzata tra il 1326 e il 1334, sia finita per un certo periodo fuori Digione, corte dei duchi di Borgogna, dove ha contribuito «a formare le basi della pittura francese». La curatrice segue l’influenza di Siena fino alla Gran Bretagna, citando il «Dittico di Wilton» della National Gallery (1395-99 ca) come un’opera in stile senese.

Campbell e i suoi cocuratori hanno unito tutti e sei i pannelli del «Polittico Orsini» sia per la versione newyorkese sia per quella londinese della mostra. Le due tavole sul retro, in prestito da Anversa, mostrano un’«Annunciazione» ricca di pathos, con la Vergine che si ritrae spaventata e dubbiosa: è uno dei tanti pannelli che la Campbell elogia per la sua risonanza emotiva.

Un’altra opera di Simone Martini di grande impatto emotivo, «San Giovanni Evangelista» (1320), è in prestito dal Barber Institute of Fine Arts di Birmingham; la tavola, che raffigura l’evangelista come una figura barbuta in lutto per il Cristo crocifisso, «è commovente», dice Campbell.

Non è un caso che quest’opera sia ora custodita nelle West Midlands o che i pannelli della «Maestà» siano approdati alla Frick Collection di New York e al Kimbell Art Museum di Fort Worth. L’arte senese del Trecento fu tenuta in poco conto dalla Firenze del XVI secolo, quando Siena, sconfitta, fu assorbita nel nuovo Granducato di Toscana governato dai Medici, e Giorgio Vasari scrisse la sua autorevole storia dell’arte italiana (Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti italiani, da Cimabue indino a’ tempi nostri, Ndr) da una prospettiva decisamente fiorentina.

In seguito, dopo le errate attribuzioni degli studiosi del XVIII e XIX secolo (che, tra l’altro, scambiarono Duccio per Cimabue o Fra Angelico), l’arte senese del Trecento fu riscoperta e recuperata, con gli appassionati britannici e americani a fare da apripista. Secondo Campbell, la mostra riflette le nuove ricerche di Imogen Tedbury, curatrice ad interim della National Gallery per i dipinti italiani prima del 1500, che fa risalire la rinascita dell’interesse per Siena a una cerchia sempre più ampia di mercanti, collezionisti e curatori anglo-americani.

L’abilità collezionistica degli statunitensi nel nostro tempo sarà documentata in mostra alla National Gallery grazie alla «Madonna con Bambino» di Duccio (1290-1300 ca), acquistata con grande clamore nel 2004 per un prezzo che si pensa si aggiri intorno ai 45 milioni di dollari. Conosciuta anche come «Madonna Stoclet», dal nome del collezionista di Bruxelles che la appese nella sua villa progettata dall’architetto Josef Hoffmann, viene prestata per la prima volta da quando è entrata nella collezione del Met. Il fiorente Trecento senese si interruppe bruscamente con la diffusione della peste nera alla fine del 1340.

J.S. Marcus, 13 agosto 2024 | © Riproduzione riservata

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