Claire Voon
Leggi i suoi articoliUn dipinto salvato dalle macerie di un palazzo storico, distrutto dalla doppia esplosione del 4 agosto 2020 nel porto di Beirut, è stato identificato come un’opera perduta da tempo dell’artista barocca del XVII secolo Artemisia Gentileschi ed attualmente in fase di restauro al J. Paul Getty Museum di Los Angeles prima di tornare alla sua ex residenza, il Sursock Palace, come annunciato dallo stesso Getty questa settimana.
L’opera di grandi dimensioni raffigura le figure di Ercole e Onfale ed era stata precedentemente attribuita ad un artista anonimo. Ha subito danni significativi a causa delle esplosioni catastrofiche, che hanno causato più di 200 morti e ridotto in macerie gli edifici. Le immagini dell’opera mostrano squarci su tutta la tela, incluso un lungo strappo frastagliato che corre lungo il ginocchio e il polpaccio di Ercole.
In una dichiarazione Timothy Potts, direttore del J. Paul Getty Museum, ha descritto «Ercole e Onfale» come «una delle più importanti scoperte recenti all’interno del corpus di Artemisia Gentileschi, a dimostrazione della sua ambizione di raffigurare soggetti storici, pratica senza precedenti per un’artista donna ai suoi tempi».
La chiave della riscoperta del dipinto è la ricerca di Gregory Buchakjian, uno storico dell’arte libanese che ha studiato l’opera nei primi anni ’90. Buchakjian aveva attribuito due tele alla Gentileschi mentre lavorava alla tesi del suo maestro a Parigi, incentrata sui dipinti della collezione del Palazzo Sursock, una grande casa di famiglia costruita a metà del XIX secolo che si trova di fronte al Museo Sursock.
Ma la sua ricerca è rimasta inedita fino a quando non ne ha scritto su Apollo Magazine pochi mesi dopo l’esplosione di Beirut, a seguito di una visita che ha fatto alla villa devastata. L’articolo ha suscitato ampio interesse e ha portato alla presentazione della ricerca di Buchakjian ad un convegno organizzato nel 2021 dal Progetto Archivio Medici a Firenze.
A riprova dell’autenticità dei dipinti, Buchakjian indicò elementi come soggetti e drappeggi che erano in linea con le opere conosciute della Gentileschi. Ha anche notato come la resa dei gioielli in Ercole e Onfale, in particolare, fosse «caratteristica della sua arte in tutti i periodi della sua lunga carriera».
L’opera più piccola, un ritratto di Maria Maddalena, è stata restaurata ed esposta ai Musei di San Domenico a Forlì, in Italia. «Ercole e Onfale» si trova al Getty in base a un contratto di prestito con il suo proprietario, Roderick Sursock Cochrane, la cui madre aveva vissuto a Sursock Palace per tutta la vita ed era morta all’età di 98 anni dopo aver riportato ferite durante l’esplosione.
Sheila Barker, un’importante studiosa della Gentileschi, ha detto al New York Times che il dipinto porta a 61 il numero di opere conosciute dell’artista. «Non conosco nessuno che abbia un’opinione dissenziente, ha detto, e ha aggiunto: «Molti aspiranti dipinti dell’Artemisia sono arrivati nella speranza di ottenere il consenso del mercato e degli studiosi, e siamo rimasti in gran parte delusi. Eppure da questo angolo del Mediterraneo meridionale del tutto inaspettato è emerso questo straordinario esempio del genio maturo di Artemisia».
Acclamata da molti come un’icona femminista, il suo lavoro di Giuditta che decapita Oloferne in particolare è stato accolto come un ritratto della rabbia liberata dalle donne, Gentileschi ha ricevuto una rinnovata attenzione accademica e pubblica negli ultimi decenni. Nel 1976, il suo dipinto di Giuditta e una serva con la testa di Oloferne è stato incluso nella mostra itinerante «Women Artists: 1550-1950», curata da Ann Sutherland Harris e Linda Nochlin, che avevano discusso di Gentileschi nel suo acclamato saggio Why Have There Been No Great Women Artists? Nel 2020 è stata invece allestita dalla National Gallery di Londra una retrospettiva di successo della Gentileschi.
«Ercole e Onfale» sarà in mostra al Getty alla fine del 2023, dopodiché tornerà al Sursock Palace. È attualmente in corso uno sforzo internazionale guidato dall’Unesco per restaurare l’edificio di Beirut e riaprirlo come museo privato: dovrebbe essere completato nel 2025. Il ministero francese ha impegnato 500mila euro per il progetto; ulteriori finanziamenti dalla Svizzera, annunciati all’inizio di questo mese, consentiranno all’Unesco di iniziare la prima fase della riabilitazione.
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