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Particolare di una delle delle presunte opere di Jean-Michel Basquiat sequestrate dall’FBI al Museo d’Arte di Orlando. Cortesia del Museo d’Arte di Orlando

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Particolare di una delle delle presunte opere di Jean-Michel Basquiat sequestrate dall’FBI al Museo d’Arte di Orlando. Cortesia del Museo d’Arte di Orlando

Il Museo d’Arte di Orlando cita in giudizio l’ex direttore

Secondo l’accusa, Aaron De Groft avrebbe tratto vantaggio dalla vendita dei falsi Basquiat e dalla pianificazione di mostre successive di opere presumibilmente di Tiziano e Pollock

Claire Voon

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L’Orlando Museum of Art (Oma), che nel giugno 2022 ha subito un’incursione dell’Fbi per una mostra di opere falsamente attribuite a Jean-Michel Basquiat, sta facendo causa al suo ex direttore per il presunto tentativo di trarre profitto dalle opere. Il 14 agosto il museo ha intentato una causa contro Aaron De Groft, licenziato pochi giorni dopo l’irruzione, durante la quale gli agenti federali hanno sequestrato tutti i 25 dipinti esposti. Gli avvocati dell’istituzione chiedono una somma imprecisata per danni da frode, cospirazione, violazione del dovere fiduciario e violazione del contratto, come riporta «The New York Times». De Groft è citato nella causa insieme a cinque comproprietari dei dipinti che sono stati esposti a partire dal febbraio 2022 nella mostra «Heroes & Monsters: Jean-Michel Basquiat». Presentati come dipinti «rari» che Basquiat avrebbe creato nel 1982 mentre viveva in California, sarebbero stati esposti al pubblico per la prima volta in prestito da una collezione privata. La causa sostiene che De Groft ha cercato di aumentare il valore dei dipinti esponendoli al museo e che i proprietari gli hanno promesso una «parte significativa del ricavato» alla vendita.

«L’Oma ha speso centinaia di migliaia di dollari, e ha inconsapevolmente messo a rischio la propria reputazione, per esporre i dipinti, ora dichiarati falsi», si legge nella causa. «Per questo, rimediare alle conseguenze create dagli imputati è costato al museo ancora di più». Il 15 agosto De Groft ha dichiarato al «Times» di non aver ancora ricevuto la notifica della causa e ha negato di avere accordi finanziari con i proprietari dei dipinti. Almeno due di loro, l’avvocato californiano Pierce O’Donnell e il venditore in pensione Leo Mangan, sostengono che le opere sono autentici Basquiat. Ma in un accordo di patteggiamento depositato in aprile, Michael Barzman, che in passato gestiva un’attività di vendita all’asta del contenuto di unità di stoccaggio non pagate, ha ammesso di aver creato i Basquiat insieme a un complice nel 2012. Il suo partner, identificato come «J.F.», «ha trascorso un massimo di 30 minuti su ogni immagine e anche meno di cinque minuti su altre, e poi le ha date a Barzman per venderle su eBay», secondo l’accordo di patteggiamento.

La nuova causa afferma che De Groft non ha mai visto i dipinti prima di accettare di allestire la mostra nel museo di Orlando. I documenti affermano che «gli è stato presentato un campanello d’allarme dopo l’altro che giustificava, come minimo, la riconsiderazione della mostra e la divulgazione al consiglio di amministrazione dell’Oma». La causa incolpa, inoltre, l’ex direttore di aver ignorato le preoccupazioni dei dipendenti del museo sull’autenticità delle opere. Poco dopo l’inaugurazione della mostra, la provenienza dei dipinti è stata messa pubblicamente in dubbio dal «Times», che ha individuato un logo FedEx su una scatola di cartone utilizzata come supporto. Un esperto di marchi consultato dal giornale ha affermato che il carattere dell’azienda in quel logo risale a dopo la morte dell’artista. Secondo i documenti del tribunale, in un’e-mail del luglio 2021 a Richard LiPuma (avvocato di Mangan), De Groft ha affermato che le opere avevano una «provenienza certa». «Siete tutti seduti su platino incrostato di diamanti», scrisse. «Mi ci gioco la reputazione ... Ci sono molte impronte digitali sulle opere che ritengo senza dubbio essere di JMB».

La causa sostiene inoltre che De Groft ha tentato di usare il museo come mezzo per legittimare opere di TizianoJackson Pollock. Il Pollock, di proprietà di O’Donnell e non autenticato dalla proprietà dell’artista, doveva essere il fulcro di una mostra che avrebbe dovuto essere inaugurata nel gennaio 2022, ma che poi è stata cancellata. In un’e-mail inviata quell’anno da De Groft al proprietario del Tiziano, pubblicata dal «Times», si legge: «Lasciatemi vendere i Basquiat e i Pollock e poi il Tiziano sarà il prossimo con un record di successi. Poi andrò in pensione con Maserati e Ferrari». Le conseguenze delle rivelazioni sui presunti Basquiat non si sono fatte attendere: mentre l’Oma ha cancellato altre due mostre progettate da De Groft, con opere di Michelangelo e Banksy, i mecenati dell’istituzione hanno rapidamente iniziato a spostare altrove non solo i fondi, ma anche le collezioni in prestito. All’inizio di quest’anno, l’American Alliance of Museums ha messo l’Oma in «libertà vigilata», minacciando il suo accreditamento. In una dichiarazione, il presidente del consiglio di amministrazione del museo, Mark Elliott, ha scritto: «Dato che il contenzioso è appena iniziato, l’Oma non vede l’ora di presentare il suo caso a una giuria».

Particolare di una delle delle presunte opere di Jean-Michel Basquiat sequestrate dall’FBI al Museo d’Arte di Orlando. Cortesia del Museo d’Arte di Orlando

Claire Voon, 17 agosto 2023 | © Riproduzione riservata

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