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Il fascino di essere a Venezia

Victoria Miro e Alberta Pane approdano in Laguna

Veronica Rodenigo, Jenny Dogliani

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In concomitanza con la 57ma Biennale d’Arte la potente galleria londinese Victoria Miro sceglie Venezia per insediarsi negli spazi di un’ex storica galleria, Il Capricorno, a San Marco, aprendo così, dopo quelle situate nella capitale britannica, una quarta sede espositiva permanente. Una decisione certo maturata in virtù dello stretto legame di collaborazione e amicizia tra la Miro e la gallerista Bruna Aickelin. «Da un po’ di tempo discutevo con Bruna sul futuro della Galleria Il Capricorno che negli ultimi cinquant’anni ha presentato il meglio dell’arte contemporanea, afferma Victoria Miro. Abbiamo lavorato insieme per tanto tempo. Aprire una galleria a Venezia significa creare un nuovo contesto per i nostri artisti, ma la decisione non è guidata dal mercato».
 
Inaugurata nel 1971 dalla collezionista Bruna Aickelin, Il Capricorno è famosa per aver ospitato artisti chiave del XX secolo come Lucio Fontana, Piero Manzoni, Cy Twombly e Robert Rauschenberg. Inoltre sin dagli anni ’90 lo spazio veneziano ha accolto mostre personali di artisti rappresentati da Victoria come Hernan Bas, Verne Dawson, N.S. Harsha, Chantal Joffe, Wangechi Mutu e Grayson Perry. Tra le altre star della galleria londinese, Doug Aitken, Peter Doig, Stan Douglas, Milton Avery, Francesca Woodman, Sarah Sze, Celia Paul, Yayoi Kusama, Ian Hamilton Finlay e Tal R. La mostra inaugurale, dal 10 maggio al primo luglio, è una personale dedicata a Chris Ofili (Manchester, 1968) dal titolo «Poolside Magic». È allestita una serie di opere a pastello, carboncino e acquarello su carta che saranno esposte insieme per la prima volta. Ofili, originario di Manchester ma trasferitosi a Trinidad dove tutt’ora lavora, non è nuovo a Venezia: già nel 2003 aveva rappresentato la Gran Bretagna alla 50ma Biennale d'Arte e nel 2015 una selezione dei suoi dipinti era stata inclusa nella mostra centrale «All The World’s Futures» curata da Okwui Enwezor. La serie presentata nei nuovi spazi veneziani ruota intorno ai temi della sensualità, della mutevolezza, della magia e dell’occulto ed è ispirata alla vivacità e all’erotismo del paesaggio e della cultura di Trinidad. 


Un altro arrivo importante, su 300 metri quadrati nel Sestiere di Dorsoduro ricavati da un’ex falegnameria, è quello di Alberta Pane. Veneziana d’origine ma parigina d’adozione (da quasi 10 anni gestisce nella capitale francese la galleria che porta il suo nome) la Pane ha scelto d’inaugurare il 13 maggio la sua nuova sede lagunare. «Le Désir» è il titolo della mostra di apertura, visitabile sino al 29 luglio: un «concatenamento», così come lo definisce il filosofo francese Gilles Deleuze, da cui scaturisce stimolo alla produzione. Vi sono coinvolti sette artisti, tutti facenti parte dell’équipe e tutti impegnati in progetti appositamente concepiti: installazioni, sculture, video e performance. La performer napoletana Romina de Novellis propone un progetto itinerante: attraverserà i canali veneziani su una barca circondata da fiori e bandiere di tutti i Paesi che si affacciano sul Bacino del Mediterraneo; la francese Marie Denis, ispirata al mondo vegetale e botanico, presenta una nuova scultura murale dal forte impatto visivo.


Insieme a loro anche Gayle Chong Kwan, Christian Fogarolli, Marcos Lutyens, Ivan Moudov e Michelangelo Penso e, a corredo, una nuova collana di pubblicazioni (edita dalla galleria) dal titolo Gap, realizzata in collaborazione con Multiplo di Giovanni Morandina. «Vorrei portare qui una galleria intesa come luogo di cultura, in cui svolgere workshop, incontri, coinvolgendo magari l’università, creando scambi con altre gallerie, anche internazionali, afferma la Pane. Mi piacerebbe creare un circuito del contemporaneo anche per meglio comunicare l’offerta espositiva affinché la galleria stessa torni a essere un luogo di scambio e passaggio, caratterizzato da una continuità nella sua attività legata non solo alle biennali o alle fiere di settore». Il mercato del contemporaneo a Venezia non è particolarmente florido, ma la gallerista replica: «Non avrei mai aperto in un luogo in cui non sento un potenziale di crescita che io qui vedo. Milano è ad esempio satura». Rimane comunque il ponte con Parigi: la duplice sede farà anche da attrattiva per i collezionisti italiani e d’oltralpe, notoriamente amanti di Venezia. 
 

Veronica Rodenigo, Jenny Dogliani, 09 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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