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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliÈ sempre nel segno della fotografia la nuova stagione espositiva inaugurata a Pordenone il 22 novembre (fino al 6 aprile 2026) in continuità con il programma dello scorso anno (che ha visto tra i protagonisti Italo Zannier, Bruno Barbey, Inge Morath) e nell’ambito delle iniziative propedeutiche al traguardo di Pordenone Capitale Italiana della Cultura 2027. Un dialogo tra maestri del panorama internazionale e nomi riconducibili a quello contemporaneo che si articola in più sedi, nel cuore della cittadina friulana.
Negli spazi espositivi della Galleria Civica Harry Bertoia è protagonista Robert Doisneau (a cura di Gabriel e Chantal Bauret) come ci racconta Marco Minuz, il curatore dell’articolato programma promosso dal Comune di Pordenone e prodotto dalla società Suazes. Oltre 100 scatti che a partire degli anni Trenta ne ripercorrono il celebre lavoro, permeato da uno sguardo anche ironico e dalla spontaneità di luoghi e soggetti. Lo scopo non è solo quello di offrire i cosiddetti grandi classici ma di mostrare anche qualcosa di meno conosciuto al grande pubblico tra cui i lavori realizzati su commissione per grandi aziende francesi. Tra questi il reportage del 1945 per la rivista «Le Point» nella manifattura tessile di Aubusson. «Ricordiamo che Doisneau lavorava quotidianamente su commissione, rimarca Minuz Sono state esposte dunque fotografie, ma anche provini a contatto, pubblicazioni per dare un altro spaccato del suo lavoro e relazionarlo alla tradizione tessile del nostro territorio, trovando così un nesso con la realtà produttiva del pordenonese».
Le altre proposte appena inaugurate vedono protagonisti tre fotografi contemporanei. Al piano terra del Museo di Palazzo Ricchieri trova spazio il giapponese Seiichi Furuya (1950) con il progetto «Face to Face» mentre al primo e al secondo piano del museo Olivia Arthur, londinese, classe 1980 propone un lavoro legato alla femminilità e al corpo, con stampe di fotografie su seta che dal soffitto fluttuano in dialogo con la collezione permanente. A lei viene dedicato un secondo affondo su cinque suoi progetti editoriali nella nuova sede dei Mercati Culturali Pordenone, uno spazio ancora in evoluzione ricavato in un ex supermercato ortofrutticolo. Inserito nel programma 2027 in una logica di partnership pubblico privata, si pone come hub culturale per ospitare una serie di iniziative legate all’inclusione sociale, workshop, incontri, lezioni ed esposizioni. Al suo interno c’è difatti uno spazio espositivo non profit chiamato Die Gelbe Wand ossia il muro giallo. Qui a febbraio ad incrementare l’offerta espositiva arriverà anche l’austriaca Stefanie Moshammer (1988) con un’esplorazione personale delle culture della memoria familiare.
Seiichi Furuya, «East Berlin», 1985
Olivia Arthur, «Murmurings of the skin» © MagnumPhotos