«Il mio primo dipinto nero (oggi distrutto) era il risultato di una sola intenzione: cancellare l’immagine del Cristo in croce con un intento dimostrativo. Non ho mai pensato di realizzare un bel quadro. Il mio unico obiettivo era annientare, dal punto di vista simbolico, un’iconografia cristiana profondamente radicata. All’epoca era quello il mio solo obiettivo. Un giorno, mentre ero immerso nella lettura della biografia del mistico spagnolo San Giovanni della Croce, mi sono imbattuto nel passaggio sul “nada” (il nulla): “Nessuna enfasi, solo rigore assoluto. L’annullamento di sé stessi per conoscere l’unica vera realtà …”. All’improvviso si è delineata in me una visione e ho compreso appieno il significato dei dipinti liberandoli dal vincolo interpretativo in cui erano imprigionati. Come liberate dalla negazione originale (che mi aveva spinto a dipingerle), le tele iniziavano gradualmente a evolvere verso l’espressione più alta della pittura: il sublime».
Ricorda così, Thierry De Cordier (Ronse, Belgio, 1954), il momento in cui nacquero i primi lavori quasi monocromi tra il 1999 e il 2024, con l’intento esplicito di cancellare l’immagine della crocifissione per sperimentare la «grandezza del nulla». Dieci dipinti di grandi dimensioni della serie «Nada» sono i protagonisti dell’omonima monografica allestita nello spazio della Cisterna della Fondazione Prada a Milano (dal 3 aprile al 29 settembre). La parola «Nada» appare talvolta nelle opere d’arte al posto di «INRI» (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum), iscrizione che secondo i Vangeli fu affissa sulla croce di Cristo.
L’architettura post-industriale dello spazio espositivo, scandito da tre sale con soffitti molti alti e finestrati dai quali filtra la luce, è stato scelto appositamente perché in grado di evocare un ambiente sacro sia in termini di dimensioni che conformazione. Il progetto dell’artista belga prevede tre strutture, una per ogni spazio, che creano altrettanti trittici monumentali con le ante laterali aperte. Le tele sono sospese al centro del lato lungo di ciascuno, mentre quelle di dimensioni minori sono sistemate nelle nicchie sui lati più corti. Una panca collocata di fronte alla colossale «Gran Nada» (2007-12), nell’ambiente centrale, costituisce un punto di osservazione e contemplazione, contrassegnando il fulcro dell’intero allestimento.
Nel saggio scritto per la pubblicazione che accompagna la mostra, parte della serie dei Quaderni di Fondazione Prada, il critico e studioso belga Bart Verschaffel sottolinea che «la forza di questo ciclo di Andachtsbilder (immagini devozionali) ingannevolmente “monocrome” risiede nel fatto che, in ultima analisi, che le si guardi con gli occhi aperti o chiusi non fa differenza». Completa il volume un inserto illustrato con alcune riflessioni di Thierry De Cordier.

Thierry De Cordier di fianco a una tela della serie «Nada», Auvergne 1999