Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Maria Letizia Paiato
Leggi i suoi articoliÈ Gilberto Zorio (1944) il protagonista della sezione dedicata all’arte nell’edizione 2025 di Castelbasso-Borgo della Cultura. Un appuntamento, che fa capo alla Fondazione Malvina Menegaz, ormai imprescindibile per gli appassionati di arte contemporanea e che quest’anno concentra l’attenzione su uno dei massimi esponenti dell’Arte Povera, movimento che ha profondamente influenzato le generazioni successive, spesso chiamate, consapevolmente o no, a confrontarsi con il linguaggio radicale introdotto da artisti come Zorio nella seconda metà degli anni Sessanta. A curare l’esposizione è Ilaria Bernardi, curatrice specializzata proprio nell’Arte Povera: tra i suoi progetti si ricordano le mostre dedicate al movimento a Johannesburg e Bucarest, oltre alla collaborazione con Germano Celant e con alcuni dei principali protagonisti poveristi.
Con questa mostra, Zorio torna a Castelbasso (Te) con lo sguardo consapevole della maturità. Espose qui per la prima volta 22 anni fa, in una mostra collettiva; oggi, con una personale articolata in due sedi, Zorio ripercorre la propria produzione mettendo in evidenza l’energia che attraversa ogni sua opera. Il percorso si apre a Palazzo De Sanctis (dal 26 luglio al 31 agosto) con una selezione cronologica di lavori degli anni Sessanta, tra cui «Sedia» e «Letto» del 1966, opere che già rivelano il suo interesse per la dimensione processuale, anticipando intuitivamente quei temi che Germano Celant avrebbe poi messo a fuoco nella sua prima teorizzazione dell’Arte Povera. La mostra prosegue con le opere realizzate nel decennio successivo, in cui la riflessione sull’energia si esprime attraverso il dialogo tra luce e buio e l’introduzione della parola, che diventa strumento (quasi un’arma) per trasformare sé stessi e il mondo. Il percorso a Palazzo De Sanctis si conclude con i lavori realizzati dopo gli anni Settanta, concentrandosi in particolare su uno degli elementi simbolici più ricorrenti nell’opera di Zorio: il giavellotto. Emblema di forza e di potenziale trasformazione, spesso associato a stelle o alambicchi, il giavellotto incarna tensioni e contrasti, raccontando la continua oscillazione tra passato e futuro. Un tema che, in questa mostra, diventa metafora del cammino artistico e umano dell’autore.
Non mancano, naturalmente, le stelle, forse l’elemento iconografico più noto del lavoro di Zorio, che diventano protagoniste del percorso espositivo a Palazzo Clemente, attraverso sculture realizzate in materiali diversi, grandi opere su carta e progetti. In entrambe le sedi della mostra, particolare attenzione è riservata all’apparato testuale, con didascalie pensate per approfondire le opere sia sotto il profilo concettuale sia dal punto di vista storico, richiamando le grandi esposizioni del passato in cui furono presentate per la prima volta. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da SilvanaEditoriale che include un testo di approfondimento della curatrice, schede delle opere esposte, vedute della mostra e un apparato biografico e bibliografico.