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«Veduta del tramonto presso il ponte Ryōgoku dalla sponda del pontile di Honmaya», dalla serie «Trentasei vedute del Monte Fuji» (1830), di Katsushika Hokusai (particolare)

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«Veduta del tramonto presso il ponte Ryōgoku dalla sponda del pontile di Honmaya», dalla serie «Trentasei vedute del Monte Fuji» (1830), di Katsushika Hokusai (particolare)

Il secolo d’oro giapponese è tutto italiano

A Palazzo Braschi 150 xilografie dell’epoca Edo provenienti dal Museo d’arte orientale Edoardo Chiossone di Genova e dal Museo delle Civiltà di Roma

Guglielmo Gigliotti

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Con la mostra «Il mondo fluttuante. Ukiyoe. Visioni da Giappone», aperta a Palazzo Braschi di Roma dal 20 febbraio al 23 giugno, torna a soffiare quel vento d’arte che agitò l’universo della creatività europea tra fine ’800 e inizio ’900. Oltre 150 xilografie esemplari dell’epoca Edo (1603-1868), selezionate dalla curatrice Rossella Menegazzo, raccontano infatti i «secoli d’oro» dell’arte nipponica, quando a incidere in matrici lignee, secondo una tecnica acquisita dalla Cina, furono artisti supremi quali Utamaro, Hokusai, Hiroshige, Sharaku, Eisen, Toyokuni, Toyoharu, Kunisada e Kuniyoshi.

Sono loro ad avere aperto, dall’altra parte del mondo, ad artisti come Monet, Van Gogh, Degas, Vuillard, Bonnard, Beardsley, e in genere a tutto il Liberty, orizzonti inediti di poesia espressiva. Quando, a partire dal 1868, il Giappone si aprì agli scambi con l’Occidente, con le merci giunsero anche le opere d’arte, e con esse un linearismo fermo e flessuoso, una stesura piatta dei colori, un valore espressivo del vuoto (la potenza del non-segno), e una pregnanza musicale della decoratività, che cambieranno l’arte d’Occidente.

Le opere giapponesi in mostra sono tuttavia tutte «italiane»: provengono dal Museo d’arte orientale Edoardo Chiossone di Genova e dal Museo delle Civiltà di Roma, dove giunsero grazie ai lasciti dell’incisore Edoardo Chiossone e dello scultore Vincenzo Ragusa. I due vennero invitati negli anni ’70 del XIX secolo in Giappone come insegnanti di tecniche artistiche occidentali, ma giunti lì, dove vissero a lungo, si resero conto che il Giappone poteva molto ricevere ma anche molto dare e si trasformarono in appassionati collezionisti di arte e cultura nipponiche. In mostra, quindi, le «immagini del mondo fluttuante» (questo significa ukiyoe), incise con l’intento di tradurre in tratti al contempo eleganti ed essenziali la cultura giapponese dello svago.

Il «mondo fluttuante» è, infatti, quello di chi gusta la vita all’insegna dell’arte e della felicità. Soggetto preminente è quindi rappresentato da donne di raffinata bellezza, impegnate nelle arti della calligrafia, della pittura, della musica, o atte ad acconciarsi i capelli o a cacciar lucciole. Di grande interesse è anche il mondo del teatro kabuki, con ritratti di celebri attori o raffigurazioni di scene. Anche la città dalle strade affollatissime è al centro degli interessi estetici dell’artista giapponese, ma è nei paesaggi che si distende tutta la magia di immagini, capaci di comprendere, in pochi tratti, tanto ravvicinati dettagli da suggerire infinite spazialità. Non si possono non citare le «Trentasei vedute del Monte Fuji» di Hokusai, che fanno a gara con le perle della serie «Neve, luna e fiori» di Hiroshige.

«Veduta del tramonto presso il ponte Ryōgoku dalla sponda del pontile di Honmaya», dalla serie «Trentasei vedute del Monte Fuji» (1830), di Katsushika Hokusai (particolare)

«I gorghi di Naruto nella provincia di Awa» (1855), di Utagawa Hiroshige

Guglielmo Gigliotti, 20 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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