Joe Ware
Leggi i suoi articoliIl più grande cinema di epoca sovietica dell'Asia Centrale aprirà le sue porte al pubblico dopo essere stato trasformato dall’architetto britannico Asif Khan nella nuova sede permanente del Centro di Cultura Contemporanea Tselinny, «una piattaforma inclusiva per la creatività e il dialogo pubblico» ad Almaty, la città più grande del Kazakistan. A partire dal 25 aprile il vasto auditorium con un soffitto di 18 metri dell’ex cinema, ora spazio flessibile, ospiterà un programma inaugurale di mostre, performance e tavole rotonde intitolato «Barsakelmes» (dal nome di un’isola, e riserva naturale, del Lago d’Aral), incentrati sui temi dell'ecologia, del cambiamento climatico e dell'identità kazaka.
Il pianterreno dell'edificio è stato trasformato in un unico piano senza gradini, uno spazio pubblico aperto e accessibile, progettato per fluire naturalmente con il paesaggio di Almaty, fondendo i confini tra spazi esterni e interni. L’ala ricostruita ospita una galleria «Capsule», un laboratorio didattico e una biblioteca, il bookshop e gli uffici. La caffetteria dell'ala sud si apre su una terrazza che si affaccia su un paesaggio ispirato al letto di un fiume asciutto, creando un collegamento verde tra la piazza orientale e il vicino Nikolskiy Park. Un ristorante sul tetto offre una vista panoramica sulla città e sulle montagne.
La facciata principale è stata reimmaginata con un'ampia nuvola bianca curvilinea di 42 metri, ispirata alla cosmologia nomade. Con il passare del giorno il sole disegna un movimento cinematografico di luci e ombre sulla tela della facciata. La natura mutevole del paesaggio nuvoloso di Khan aggiunge una presenza delicata e organica alla monumentale architettura sovietica. La forma sottile delle lamelle, alte 8,5 metri, agisce come un «sipario davanti allo schermo cinematografico», un omaggio alla funzione originaria dell’edificio e un invito a esplorare lo spirito dell'arte e della cultura contemporanea. Di notte, il foyer emana luce, riecheggiando la sua memorabile immagine visiva degli anni Sessanta. Nascosto dietro il cartongesso durante la precedente ristrutturazione nei primi anni 2000 e riscoperto nel 2018, lo sgraffito originale dell’artista sovietico Evgeniy Sidorkin è stato restaurato e ora è di nuovo aperto alla città. Insieme alle aree esterne per il tempo libero e la comunicazione, gli spazi pubblici del Centro Tselinny formano un nuovo ecosistema culturale progettato per rigenerare lo storico viale centrale di Almaty.
La parola Tselinny, che era anche il nome originale del cinema, è un termine russo che significa «terra sottosviluppata». Negli anni Cinquanta il regime sovietico vedeva il Nord del Kazakistan come uno spazio arido pronto per essere coltivato, industrializzato e reinsediato per risolvere la crisi agricola sovietica. Il popolo kazako, invece, considerava sacra l’area (che comprende la steppa kazaka, una delle più grandi regioni steppose secche del mondo) e al centro della propria identità nazionale, poiché consentiva il movimento nomade di persone, animali, merci e idee. Queste visioni contrastanti del Kazakistan, compresi i fallimenti ecologici dell'era sovietica, informano il programma di Tselinny, incentrato sul lavoro relativo all'eredità nomade dell’Asia Centrale, sulle pratiche di coesistenza armoniosa con la natura e sulle filosofie del non spreco e del non danno.
«Il Kazakistan è un Paese indipendente da più di 30 anni e ora siamo più che pronti a pensare e creare in uno spazio pubblico, nella sfera pubblica. La nostra società è sana e pronta a proporre tali iniziative alla città, a cambiare le infrastrutture, a portare avanti la produzione artistica, a far crescere la nuova generazione di artisti, curatori, studiosi e collezionisti, a formare questo nuovo significato di ciò che è la cultura contemporanea kazaka», ha dichiarato a «The Art Newspaper» Jamilya Nurkalieva, direttrice del Centro, sottolineando che la crescita del settore culturale del Paese è un segno dei progressi compiuti dopo l’indipendenza dall'Unione Sovietica nel 1991. «Per me, ha aggiunto, Tselinny non è un'infrastruttura, semmai un'opportunità per creare. Poiché sperimentiamo con i formati, ci troviamo sempre in un luogo di vulnerabilità, osservati da vicino dal nostro pubblico: artisti, ricercatori e attivisti. Siamo impegnati in progetti a lungo termine con studiosi e artisti che offrano sviluppo e sostegno sostenibili. Ci preoccupiamo di creare un dibattito, dove il punto principale non è convalidare o valutare le idee, ma piuttosto essere capaci di dubitare e mettere in discussione, sviluppando processi di pensiero critico e riflettendo incessantemente su cosa significhi essere un essere umano nella nostra società, in uno Stato o nello spazio e nel tempo».
A partire dal 6 settembre la nuova sede sarà anche teatro della seconda edizione della Korkut Sonic Arts Triennale, manifestazione dedicata alle forme contemporanee di arte sonora, alle pratiche di ascolto performativo, alla musica sperimentale e d’avanguardia e ai generi orali. Sarà curata da Stas Shärifulla, noto anche come HMOT, un artista-ricercatore di base in Svizzera, a Basilea che si occupa di suono e decolonizzazione, e vedrà la partecipazione di una ventina di artisti, in prevalenza dall'Asia e dal Medio Oriente.
Il lancio di Tselinny coincide con l’apertura di un’altra istituzione, il Museo delle Arti di Almaty, che ospiterà più di 700 opere di artisti kazaki e dell'Asia Centrale e aprirà quest’estate. «Entrambe le istituzioni sono benemerite», chiosa Jamilya Nurkalieva.
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