Fiorella Fiore
Leggi i suoi articoliDal secondo dopoguerra Matera è stata un caso di studio per architetti, artisti e sociologi. Oggi è un nuovo modello di cittadinanza. Ne parliamo con Massimiliano Tarantino, Segretario Generale di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
Con il progetto About a City (quattro giorni di lecture, talk, dibattiti, spettacoli e proiezioni per raccontare le trasformazioni urbane e i loro impatti sulla cittadinanza) la Fondazione Feltrinelli ha affrontato il rapporto tra periferia e comunità. Che cosa rappresenta Matera a tale proposito?
Matera è interessante, perché concentra una serie di problematiche e una serie di soluzioni. Ha la capacità di non rinnegare il passato, di includerlo come elemento identitario sia in termini architettonico-artistici che di storia personale della comunità. Ma ha anche la capacità di vincere la sfida con il presente, contro l’ineluttabilità delle trasformazioni subite. Se la società civile, amministratori e fermento locale lo consentono, i cambiamenti determinano un’inversione di rotta e un esperimento per un territorio che, seppur con difficoltà, guarda a tutto ciò come a qualcosa di illuminante per il proprio destino. La riflessione della Fondazione Feltrinelli si concentra sulla de-istituzionalizzazione del concetto di periferia; sulla costruzione di percorsi che, dalle grandi metropoli (come Milano) ai centri più piccoli, lavorino su policentrismo e riappropriazione di uno spirito identitario in relazione alla diversità dei luoghi. È un concetto che Geoff Mulgan, guru della social innovation e direttore esecutivo di Nesta, chiama «intelligenza collettiva dei luoghi» e che consiste nell’importare la tradizione in una dinamica di innovazione e trasformazione digitale, facendo della cultura sia un’occasione di riscatto sia la linea guida per determinare consapevolezza, esaltare l’identità e affrancare luoghi, non sempre depressi, da una narrazione depressa.
Come si traduce in concreto l’intesa tra Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e Fondazione Matera-Basilicata 2019?
La collaborazione ruota attorno a due concetti molto semplici. Il primo è il fatto che nella società in cui viviamo la democrazia non consiste nel potere del popolo o al popolo, ma in un nuovo protagonismo degli attori sociali che compongono la società. Bisogna dunque capire qual è questo nuovo protagonismo e Matera 2019 è esemplare da questo punto di vista. C’è stata una costruzione dal basso e un programma che vede protagonista tutta la cittadinanza, non solo quella del centro cittadino. Studiando la crisi della democrazia contemporanea, con le sue derive estremiste, populiste, sovraniste, introflesse e passatiste, ci chiediamo che cosa serva per reagire, per offrire un futuro ai cittadini e al territorio e non depressione. La risposta è dare fiducia a tutti (a prescindere da collocazioni ed esperienze) e ridare alla politica un ruolo da protagonista. La politica non è l’imposizione di una linea, ma la costruzione di un valore collettivo, l’abilitazione delle qualità di chi abita il territorio. Il secondo concetto della collaborazione, invece, pone la cultura come fattore di sviluppo. È la cosiddetta economia della cultura, che si ha sia quando essa si traduce in denaro sia quando si traduce in relazione. La cultura può essere occasione di riscatto e di emersione di un territorio, ma anche un fattore di identità, un progetto politico e un modo di guardare con altri occhi.
Come si immagina la città futura?
Come una realtà che non nega le trasformazioni della società e della cittadinanza. Una città che riconosce le sue marginalità, che non vive di rimozioni, ma che dà ai cittadini il ruolo di essere e di sentirsi parte della comunità, e alla politica il ruolo di interpretare i bisogni di quella stessa comunità, di identificare soluzioni in un disegno prospettico e utopico finalizzato al miglioramento delle condizioni di vita. Sarà un luogo dove le imprese hanno un nuovo senso di protagonismo non solo commerciale, ma di costruzione di valore insieme al territorio, e in cui il terzo settore avrà un ruolo di perno della vita civile e sociale. Nella città futura tutte queste componenti non si negano ma si accettano l’una con l’altra, guardando a se stesse e al proprio spazio in un contesto nazionale e territoriale. Per questo, ed è quello che indaghiamo nel nostro centro di ricerca, dobbiamo ritornare a un concetto di comunità e di aggregazione di competenze e di visione prospettica nei confronti di un futuro in cui non si deve avere paura dello sviluppo economico, della cultura e della buona politica.
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