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Una veduta della mostra «Parallax», 2025, di Kevin Abosch, Milano, Palazzo Citterio, La Grande Brera

Courtesy l’artista

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Una veduta della mostra «Parallax», 2025, di Kevin Abosch, Milano, Palazzo Citterio, La Grande Brera

Courtesy l’artista

Kevin Abosch: «Con il punto di vista cambia anche il senso stesso della realtà»

A Palazzo Citterio l’opera video generativa dell’artista concettuale irlandese, uno dei pionieri della ricerca artistica attraverso l’IA

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

«Parallasse: s.f. [dal gr. παράλλαξις «mutamento, deviazione»]. Spostamento angolare apparente di un oggetto quando viene osservato da due punti di vista diversi. In particolare, in astronomia, p. annua, lo spostamento apparente che un astro subisce agli occhi di un osservatore terrestre, dovuto al fatto che questo muta posizione sulla volta celeste durante l’anno a causa del moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole»: così l’Enciclopedia Treccani al lemma «Parallasse», fenomeno cui è intitolata l’opera di Kevin Abosch (1969), artista concettuale irlandese che lavora con media tradizionali e generativi, in particolare con la fotografia e il machine learning (IA). Dal 12 giugno al 14 settembre Palazzo Citterio a Milano ospita la sua opera video generativa «Parallax» in un progetto curato da Clelia Patella e realizzato in collaborazione con il (nascente) Museo Nazionale dell’Arte Digitale di Milano, che farà capo anch’esso alla galassia della Grande Brera.

La scelta del tema è stata dettata a Kevin Abosch, uno dei pionieri della ricerca artistica attraverso l’IA, dalla presenza secolare, nel Palazzo di Brera, dell’Osservatorio Astronomico, fondato nel 1764 all’interno del Collegio Gesuitico, che ebbe sede qui fino al 1773, anno della soppressione della Compagnia del Gesù da parte di Maria Teresa d’Austria, che di quel palazzo volle fare una cittadella della cultura (laica). E in onore dell’Osservatorio, Abosch ha trasformato nel suo lavoro quello scarto percettivo avvalendosi di uno sguardo al tempo stesso poetico e concettuale e suggerendo a chi lo guarda che «ciò che cambia con il punto di vista non è solo l’immagine, ma il senso stesso della realtà»: chiede così la partecipazione attiva dell’osservatore, coinvolto in uno sforzo interpretativo dei «frammenti e relitti che emergono come visioni di un’archeologia del futuro». Ecco allora che questo lavoro ci induce a interrogarci su noi stessi, sulla nostra identità, sul nostro essere parte di un mondo in radicale (e quanto mai ansiogena) trasformazione, sul nostro rapporto con una tecnologia sempre più pervasiva in cui umano e artificiale sfrangiano i propri confini fino a compenetrarsi in un processo che solo pochi anni ci sarebbe apparso fantascientifico, se non distopico.

Ad Abosch non mancano del resto gli strumenti tecnici e cognitivi per porci di fronte a tale realtà: a lui si deve infatti «Am I?» (2024), primo lungometraggio al mondo interamente generato tramite Intelligenza Artificiale, che alla sua uscita è stato definito «una frenetica fusione di un “body horror” alla Cronenberg e un distopico cyborg fantascientifico con elementi musicali psichedelici, per avere una tregua dall’assalto costante delle immagini».

Una veduta della mostra «Parallax», 2025, di Kevin Abosch, Milano, Palazzo Citterio, La Grande Brera. Courtesy l’artista

Una veduta della mostra «Parallax», 2025, di Kevin Abosch, Milano, Palazzo Citterio, La Grande Brera. Courtesy l’artista

Ada Masoero, 11 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

Kevin Abosch: «Con il punto di vista cambia anche il senso stesso della realtà» | Ada Masoero

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