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Fino al 4 giugno una mostra celebra genio e memoria di Jannis Kounellis all’Accademia di Belle Arti di Roma. L’Accademia lo accolse diciannovenne, nel 1956, appena giunto dal Pireo. Vi rimase quattro anni, alla scuola di Franco Gentilini e di Toti Scialoja. Non furono anni felici per il giovane greco, che da anziano però li rievocò con commozione. E proprio all’Accademia l’artista tenne il suo ultimo incontro pubblico, pochi mesi prima di morire nel 2017. Secondo il figlio Damiano, «la mostra riporta mio padre, in spirito, in questo luogo». L’evento è stato realizzato proprio grazie alla collaborazione dell’Archivio Kounellis, di cui Damiano Kounellis è componente.
La mostra inaugura, con uno dei più celebri tra i suoi ex studenti, un nuovo spazio espositivo, la Galleria Accademia Contemporanea, situata in un ampio vano che si apre al centro dell’emiciclo dell’edificio accademico (la cosiddetta piazza Ferro di Cavallo, slargo di via di Ripetta). A progettarlo fu, a metà del XIX secolo e in pieno stile neoclassico, Pietro Camporese il Giovane, ispirandosi all’atrio disegnato nel ’500 da Antonio da Sangallo il Giovane per Palazzo Farnese. La grande volta a botte ornata a lacunari, le maestose colonne doriche in travertino, il rigore compositivo e l’evocazione di un’antichità assurta a mito della forma, si sposano mirabilmente con il monumentalismo asciutto e le geometrie minimaliste, in cui Kounellis inscrive materiali «poveri» come il ferro e l’acciaio.
L’opera, una delle ultime realizzate nel 2016, consta di cinque grandi cavalletti in ferro, sui cui poggiano lastre d’acciaio per un insieme di sette metri di altezza. Essa inscena un esempio cristallino di quella capacità di sintesi plastica e rappresentativa, propria dell’artista, fondata sulla misura esatta, quasi archetipale, del rapporto tra materiali grezzi, oggetti e spazio. L’installazione è un omaggio alla pittura da parte di chi non l’ha mai praticata, ma sempre adorata come una stella cometa. «Sono un vecchio pittore», amava dire di sé negli ultimi anni. La sua avanguardia parlava lingue antiche, le sue rivoluzioni non hanno mai dimenticato la storia.
Cecilia Casorati, direttrice dell’Accademia di Belle Arti e ideatrice della mostra, ricorda a riguardo le parole dell’artista: «A Roma ho trovato degli amici artisti, con cui parlare d’arte non solo contemporanea: si discuteva nelle trattorie fino a tardi anche di pittura antica, non in modo accademico, ma come se i protagonisti fossero presenti al nostro tavolo. Così ho coltivato la considerazione che l’antico, in realtà, facesse parte di un’identità irrinunciabile, e che il Moderno non sia un esercizio modernista, ma si collochi all’interno di una logica diffusa». Come tutte le Accademie, anche quella di Roma, dove si insegna l’intera storia dell’arte e si pratica il contemporaneo, è un Giano bifronte tra tempi passati e futuri. Kounellis, di questa ampiezza, rappresenta un baricentro.