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L’essenza dell’evanescenza

Federico Florian

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La parola «Post-Internet», più che designare una futuristica epoca di decadenza segnata dal collasso del World Wide Web (sorte alquanto inverosimile), denota una condizione assolutamente attuale: quella di una società che ha superato il trauma della rivoluzione digitale per abbracciare la filosofia della «connessione perenne». La Post-Internet Art, o meglio l’arte post-avvento-di-Internet, trae ispirazione dalla tempesta di dati e immagini (costantemente accessibili e agevolmente scaricabili) che si abbatte sugli schermi dei nostri laptop. Se la riproducibilità tecnica ha trasformato la fruizione dell’opera d’arte in consumo, come sosteneva Walter Benjamin quasi ottant’anni fa, come si può definire l’esperienza dell’internauta moderno dinnanzi a immagini prive di un supporto materiale, infinitamente riproducibili e di cui ci si può appropriare con incredibile facilità? La nuova mostra online di Artuner (http://www.artuner.com/insight/image-object/), la galleria virtuale di Eugenio Re Rebaudengo, indaga proprio la relazione tra oggetto e immagine, materialità ed evanescenza, attraverso i lavori di sei giovani artisti (Nicolas Deshayes, Rowena Harris, Raphael Hefti, Yelena Popova, Emanuel Röhss e Artie Vierkant). A cura di Kirsty Ogg, direttore di Bloomberg New Contemporaries, «Image Object» (online fino al 25 febbraio) raccoglie video, sculture e dipinti, tutti visionabili (e zoomabili) con un click sull’ordinata piattaforma web. Una mostra ben meditata, che prende le mosse da uno scritto del ’65 di Donald Judd, nel tentativo di esplorare (seppur parzialmente) l’intricato territorio della Post-Internet Art: la quale, attenzione, non è sinonimo di «net art», ma circoscrive una serie di pratiche artistiche che s’interrogano sul ruolo dell’immagine in un’epoca in cui Internet fa da padrona.
A proposito di infinita riproducibilità e flusso ininterrotto d’immagini, «Twenty Plots for Things to Come» (http://twentyplotsforthingstocome.org/) è un lavoro digitale recentemente ideato da Heman Chong e Anthony Marcellini. Una voce fuori campo descrive venti possibili scenari futuri, mentre centinaia d’immagini tratte dal web si succedono a intervalli regolari sullo schermo del pc. Un film destinato a esaurirsi, visionabile sino a che i link delle immagini non saranno più validi: quale metafora migliore per la fugace e impalpabile natura di Internet?

Federico Florian, 17 febbraio 2015 | © Riproduzione riservata

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