Fino al 23 marzo 2025 nell’Area megalitica di Aosta è allestita una nuova retrospettiva dedicata a Letizia Battaglia, «Senza Fine». Fotoreporter, giornalista, attivista e, all’occasione, anche politica, Battaglia (1935-2022) è stata una figura chiave nella storia della Sicilia e una delle più importanti fotoreporter del Novecento.
Autodidatta, con una sensibilità innata per la composizione e uno stile estremamente personale, caratterizzato dalla scelta del bianco e nero, Battaglia inizia la sua carriera a Milano ma decide presto di tornare a Palermo. E da lì documenta, con enorme coraggio e senso di responsabilità, uno dei periodi più tragici della nostra storia, quello degli Anni di piombo e delle guerre della mafia, mostrando con i suoi scatti, senza filtri, la violenza del conflitto. Si ferma solo nel 1992: dopo la strage di Falcone e Borsellino, la sua ultima immagine di cronaca mostra la vedova dell’agente Vito Schifani durante il funerale del marito.
La carriera di Battaglia non può e non deve però essere ridotta alle immagini che raccontano la violenza della mafia. Sino alla fine della sua vita, la fotografa siciliana utilizza la fotografia come strumento di cambiamento sociale, ergendosi come paladina dei diritti civili per i più vulnerabili e delle rivendicazioni femministe (un impegno che le valse, tra i tanti premi, il riconoscimento «Eugene Smith», assegnato a fotografi che si sono distinti in ambito sociale e politico). Nel suo archivio si trovano immagini della quotidianità di Palermo, dei suoi abitanti e soprattutto dei suoi bambini e delle sue donne, ma anche del resto del mondo, scattate nel corso dei viaggi che Battaglia ha fatto negli ultimi cinquant’anni. Nonostante il taglio spesso politico, le sue fotografie sono profondamente intime, cariche di dignità e rispetto per i soggetti ritratti.
La mostra valdostana, a cura di Paolo Falcone e organizzata da Electa con il sostegno dell’Archivio Letizia Battaglia e della Fondazione Falcone per le Arti, evidenzia la poliedricità del corpus della fotografa grazie a una selezione di 70 fotografie. Il risultato è un percorso che valorizza e omaggia l’umanità del lavoro di Battaglia, offrendo una visione d’insieme delle diverse tematiche che la reporter esplorò. Di particolare significato è poi l’allestimento, dedicato all’architetta Lina Bo Bardi e ai suoi «cavaletes»: le fotografie sono esposte su grandi lastre di cristallo temperato, all’apparenza sospese tra gli spettatori che visitano la mostra. Il tutto ha luogo nella cornice dell’Area megalitica della città, un complesso museale e un parco archeologico che racchiude seimila anni di storia del territorio.