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Era il 20 luglio del 1826 quando agli occhi di coloro che, per volere dell’Ateneo di Scienze Lettere e Arti, scavavano nell’area del Capitolium di Brescia, apparve un autentico tesoro di bronzi di età romana: nascosti in un’intercapedine del tempio per sottrarle alle razzie barbariche, erano stati ricoverati lì, molti secoli prima, la statua della «Vittoria Alata» (metà del I secolo d.C., forse ispirata a modelli più antichi), uno dei bronzi romani più belli e raffinati giunti fino a noi, alcune «Teste d’imperatore» e altri frammenti, musealizzati di recente nel Capitolium stesso dall’architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg.
Nel 2026 cadranno i 200 anni dal loro ritrovamento e a Brescia si terranno mostre ed eventi per celebrare la ricorrenza, identitaria per la città. Ad aprire i giochi, già in questo scorcio di 2025, è «Victoria Mater. L’idolo e l’icona» (dal 4 dicembre al 12 aprile 2026, catalogo Allemandi), un progetto promosso da Fondazione Brescia Musei-Fbm e Comune di Brescia, in collaborazione con MiC-Ministero della Cultura, Direzione generale Musei, Museo Archeologico Nazionale di Firenze e Opificio delle Pietre Dure, con il determinante contributo di Intesa Sanpaolo, che pone in dialogo la «Vittoria Alata» con un altro bronzo romano, l’«Idolino di Pesaro», giunto qui dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze, dove arrivano, in contemporanea, tre delle «Teste d’imperatore» bresciane, per essere esposte nella mostra «Icone di potere e di bellezza» (dall’11 dicembre al 9 aprile 2026, catalogo Allemandi).
Com’era accaduto nel 2023 con il confronto tra la «Vittoria Alata» e il bronzo ellenistico del «Pugilatore a riposo», dal Museo Nazionale Romano, allora messo in scena da Juan Navarro Baldeweg, anche ora il dialogo tra le due opere è stato affidato a un’altra figura, d’artista in questo caso, e bresciana per di più: è a Francesco Vezzoli, infatti, che si deve l’installazione inedita, curata da Donatien Grau, consigliere della Presidenza del Louvre per i programmi contemporanei, in cui i due bronzi entrano in dialogo tra loro. Vezzoli ha immaginato un terzo elemento in bronzo, una sorta di «ombra impossibile» resa corporea dal metallo, che suggerisce il contatto tra le due figure. Come spiega Donatien Grau, «noi consideriamo le sculture antiche come realtà isolate, senza pensare che fossero collegate tra loro in installazioni civiche nel cuore degli spazi pubblici. Con “Victoria Mater”, Vezzoli mette in atto un sistema di relazioni. Si tratta ora di una Vittoria che incorona un giovane, trasformato in atleta, come una messa in scena della trasformazione di significato di un’opera decontestualizzata e spostata, destino di tutte le opere antiche dei musei, mentre la “Vittoria Alata” è esposta a Brescia, là dove è stata trovata».
L’«Idolino di Pesaro», scoperto nella città marchigiana nel 1530 e ritenuto da Johann Joachim Winckelmann una delle statue più belle mai giunte dall’antichità greca, pur essendo uno dei migliori esempi di contaminazione tra tradizioni riconducibili a Policleto, Mirone e Prassitele, sembra invece essere una scultura romana, esempio del classicismo eclettico proprio dell’età augustea (31 a.C.-14 d.C.). Raffigura un giovane nudo dal fisico perfetto, incarnazione del modello greco del «kalòs kai agathòs» (bello e buono, in cui l’aspetto fisico armonioso rispecchia le qualità morali dell’individuo). A suo tempo, la scultura doveva avere la funzione di reggere un lume nei banchetti notturni, dal momento che originariamente stringeva con la mano sinistra un tralcio di vite e con la destra doveva reggere un vassoio. In questo accostamento, che vede la luce nel contesto delle «Olimpiadi della Cultura» (cfr. pp. 60-61), promosse da Regione Lombardia con Triennale Milano e Cultural Olympiad-Fondazione Milano Cortina, come suggeriscono i promotori, l’incontro tra le due opere «definisce l’aspirazione umana verso la perfezione, emblema della tensione verso l’alloro olimpico, in un confronto tra l’ideale classico di bellezza e armonia e la Vittoria, simbolo universale di successo».
Vittoria Alata di Brescia, seconda metà I sec. d.C., Brixia. Parco archeologico di Brescia romana-Capitolium. Fondazione Brescia Musei. © Archivio fotografico Musei di Brescia | Fotostudio Rapuzzi
Idolino di Pesaro, cd., statua di efebo lychnochos (portalucerne), 30 a.C., Firenze, Museo Archeologico Nazionale. © su concessione del Museo Archeologico Nazionale di Firenze