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Olga Gambari
Leggi i suoi articoliRoma celebra uno dei protagonisti dell’Art Nouveau con la mostra «Alphonse Mucha. Un trionfo di bellezza e seduzione», aperta dall’8 ottobre all’8 marzo 2026 a Palazzo Bonaparte. Organizzata da Arthemisia, e curata da Elizabeth Brooke e Anna Maria Bava, la mostra presenta dell’artista ceco, nato nel 1860 e morto nel 1939, oltre 150 lavori, accanto a opere di altri artisti del suo tempo. È l’epoca bella, Belle Époque, dell’arte del simbolo, del sogno e dell’eleganza estrema, una stagione breve ma vitalissima, tra fine ’800 e inizio ’900, che tramutò l’arte europea in un giardino di linee fluttuanti, bellezze ideali e fiori. Come dire che la catastrofe bellica è stata preceduta dall’eden di un’arte soave.
È in questo contesto che si innesta il destino di un pittore giunto povero dall’est Europa a Parigi nel 1887, dopo le tappe di Monaco e Vienna, che per sopravvivere ricorre all’illustrazione pubblicitaria. L’esito è che la rivoluzionò, in un tripudio felice di linee flessuose, fiori e figure femminili elevate all’ideale poetico e al contempo sensuale di bellezza. È quanto si vede in mostra a Palazzo Bonaparte, a Roma, accanto a opere e oggetti del tempo, ma anche di altri tempi, perché nell’utopia dell’Art Nouveau, oltre alla fusione delle discipline artistiche, si contemplò la fusione dei secoli in un solo ideale, all’insegna del sublime.
In mostra quindi anche opere d’arte rinascimentale (la «Venere» di Botticelli, dei Musei Reali di Torino), sculture antiche, o dipinti ottocenteschi (Boldini, ad esempio), in cui la definizione di una bellezza muliebre assoluta prende miracolosamente forma. Mucha è stato molto più di un artista. È stato un innovatore, un comunicatore visivo capace di dare una forma seducente e riconoscibile all’immaginario fin de siècle. I suoi celebri manifesti pubblicitari (come quelli dedicati a Sarah Bernhardt o ai profumi e ai liquori parigini), non solo resero popolare l’arte grafica, ma trasformarono il linguaggio visivo del suo tempo, anticipando i principi del design moderno.
La donna di Mucha, con le sue linee flessuose, i capelli fluenti, le vesti leggere e gli elementi naturali che la circondano, è diventata l’icona universale della femminilità Art Nouveau, movimento che ha rivoluzionato le arti applicate. Lo racconteranno in mostra i tanti manifesti teatrali, i pannelli decorativi, i calendari, le illustrazioni. Il nome di Mucha è infatti indissolubilmente legato ai suoi poster, simbolo della presenza dell’arte nelle strade. Venendo affissi nelle bacheche cittadine, i poster facevano un utilizzo massiccio di colori sgargianti e caratteri tondi, così da combattere il grigiore dei suburbi industriali: anche Mucha aderì a questo filone artistico, disegnando manifesti pubblicitari per birre, biciclette, saponette, cioccolata, cartine per sigarette, polvere da bucato e liquori. Tra fitti arabeschi, ricchezza ornamentale, rigorosa bidimensionalità e rigogliosa presenza di elementi vegetali, i riferimenti del ceco si rivelano essere le stampe giapponesi e il sintetismo simbolista, quello dell’amico Gauguin su tutti. L’allestimento della mostra è stato concepito come guida sensoriale per un viaggio in una dimensione di pura fantasia: luci, profumi, musiche e cromie conducono il pubblico in un vero e proprio passaggio temporale, riportandolo indietro nel tempo. E accanto alle opere d’arte di Mucha e di altri, il pubblico può ammirare anche arredi, gioielli, abiti e oggetti di design, fotografie e materiali d’epoca. L’intento è quello di perpetuare un’utopia di beatitudine artistica, che la realtà tende a negare.

Alphonse Mucha, «Rêverie», 1897. © Mucha Trust 2025

Alphonse Mucha, «Le Arti: Pittura», 1898. © Mucha Trust 2025