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Una fotografia scattata da Maria Cristina Vimercati all’interno della Gleason’s Gym di New York

Foto: Gleason’s © Maria Cristina Vimercati

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Una fotografia scattata da Maria Cristina Vimercati all’interno della Gleason’s Gym di New York

Foto: Gleason’s © Maria Cristina Vimercati

La culla newyorkese della boxe negli scatti di Vimercati

Cimorelli pubblica la storia della Gleason’s Gym, un luogo mitico che ha visto nascere i più grandi campioni del mondo

Teresa Scarale

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La palestra di boxe Gleason’s Gym di New York risponde alla definizione contemporanea di mito. Fondata nel 1937 dall’italiano Peter Robert Gagliardi (poi ribattezzatosi Gleason), ha dato i natali a 137 campioni del mondo (basti ricordare Muhammad Ali, Mike Tyson, Roberto Duran, Jake LaMotta, Arturo Gatti). Il cinema vi ha scritto parte della sua storia, con film come «Million Dollar Baby», «Toro Scatenato», «Cinderella Man», il suo status «mitologico» tuttavia non l’ha salvata dalla inesorabile gentrificazione (quella che ha interessato l’area Dumbo-Down Under the Manhattan Bridge Overpass) che l’ha costretta a cambiare indirizzo

Oggi Gleason’s è sempre a Brooklyn, ma al 130 di Water Street. Nel 2006, 18 anni prima del trasloco, la fotografa italiana Maria Cristina Vimercati, ne ha fermato alcuni istanti su pellicola. Con la sua Leica «e niente altro», ci dice. Mentre l’artista è nella Grande Mela per realizzare alcuni servizi di moda le chiedono se vuole provare a fare un reportage alla Gleason’s. Per la fotografa, la commissione è capace di incuriosirla nonostante la boxe fosse per lei uno sport sconosciuto. Quegli scatti (una cinquantina, sia a colori che in bianco e nero, dal sapore intimo e ovattato quasi a bilanciare la rudezza del luogo) sono ora raccolti in un libro, Boxe. Gleason's Gym New York, edito da Cimorelli, con il supporto di Francesca Lavazza. «È stato interessante osservare come i boxeur si muovessero nello spazio, entrare in rapporto con la loro dinamicità rilassata, il ritmo dei loro movimenti. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, la boxe non è celebrazione della violenza, ma della disciplina. Il fine del pugilato è togliere i ragazzini dalla strada, soprattutto adesso, come ha ricordato di recente anche il sindaco di New York». 

Quella di Maria Cristina Vimercati nella palestra era una presenza gentile, non intrusiva: «quasi invisibile» e per questo ricompensata dal rispetto e dai sorrisi degli atleti. L’armonia di questa esperienza si traduce dunque nel suo primo libro di fotografia, che «non è solo un libro di foto perché i contributi testuali che le accompagnano sono fondamentali». Le penne prescelte sono quelle di Alberto Barbera (direttore artistico cinema Biennale di Venezia) per la storia del cinema nel pugilato, della giornalista e critica cinematografica Cristina Battocletti, di Daniela Parolini di Parolini Lab, di Fausto Narducci, caporedattore della Gazzetta dello Sport e autore di diversi libri sulla boxe, del già corrispondente da New York per la «Gazzetta dello Sport» Massimo Lopes-Pegna e pure del presidente della Gleason’s, Bruce Silverglade. Le immagini sono per lo più inedite: ne furono pubblicate solo poche per il sito della palestra e per «Verve» (magazine non più esistente).

Boxe. Gleason's Gym New York. Edizione tradotta italiano inglese
di Maria Cristina Vimercati, Dario Cimorelli Editore, 24x27 cm 128 pp, 56 immagini cartonato italiano/inglese, €36

La copertina del volume

Teresa Scarale, 19 agosto 2024 | © Riproduzione riservata

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La culla newyorkese della boxe negli scatti di Vimercati | Teresa Scarale

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