Gabriella Angeleti
Leggi i suoi articoliI musei di tutti gli Stati Uniti stanno ripensando il modo di fare educazione artistica, migliorando le strutture e i programmi con un’attenzione specifica sul gioco e sull’interattività. Questo cambiamento pedagogico avviene mentre i musei lottano per attirare un numero di visitatori paragonabile a quello che avevano prima della pandemia, che ha portato a riduzione di personale e a pesanti ripercussioni sui dipartimenti educativi di molte istituzioni.
Il 9 settembre il Metropolitan Museum di New York ha inaugurato il suo 81st Street Studio in uno spazio rinnovato di oltre 300 metri quadrati nel Ruth and Harold D. Uris Center for Education. Con programmi scientifici e artistici per bambini di età compresa tra i 3 e gli 11 anni, è aperto alle scolaresche (più di 200mila studenti visitano il Met ogni anno) e al pubblico, ed è stato inaugurato con una celebrazione ricca di attività ludiche e una discoteca «silenziosa» per bambini sul tetto del Met.
«Non vogliamo che questo spazio sia un’appendice del museo, ma che riconsideri il modo in cui interagiamo con i bambini e con chi se ne prende cura, afferma Heidi Holder, responsabile dell’educazione del Met. La prossima area di crescita per gli spazi educativi nei musei è smettere di pensare a noi stessi come musei d’arte, ma piuttosto pensare a quali altre discipline possono essere integrate con le arti. Il Met ha dipartimenti scientifici, di ricerca e di educazione, quindi questo progetto riunisce la nostra vera espressione di luogo in cui arte e scienza si incontrano».
Il nuovo centro è stato progettato da Koko Architecture+Design, uno studio con esperienza nello sviluppo di progetti per bambini. Il nucleo della programmazione dello spazio riguarda la materialità (proprietà fisiche e chimiche) attraverso un mix di attività pratiche e digitali, utilizzando gli oggetti della collezione del Met per illustrare concetti legati all’arte e alla scienza.
«Come istituzione basata sugli oggetti, la cosa principale che prendiamo in considerazione sono i materiali, quindi la programmazione consentirà al pubblico, ai bambini e a chi li accudisce di esplorare i materiali e gli artisti e di capire come funziona il processo artistico», spiega Holder. È entrata al Met nel 2020, dopo aver ricoperto il ruolo di direttrice dell’educazione al Queens Museum (QM), nel quale si era concentrata sull’espansione dell’interattività dei programmi del museo in vista dell’apertura di un centro educativo per bambini di 15mila metri quadrati nel 2024. La mostra dell’artista Cas Holman, «Prototyping Play» (22 ottobre-10 marzo 2024), occuperà l’atrio inferiore del museo con «stazioni» pop-up che esplorano temi legati all’arte e alla tecnologia.
Fare spazio al gioco
Cas Holman, che ha progettato parchi giochi, materiali didattici e giocattoli popolari come il pluripremiato kit di costruzioni «Rigamajig», ha lavorato molto con musei per bambini e musei scientifici.
Tuttavia, lavorare con i musei d’arte su commissioni di grandi dimensioni è ancora una nuova frontiera per la maggior parte dei progettisti. «Per anni il QM ha pensato specificamente a come un museo d’arte e un museo per bambini potessero coesistere, spiega Holman. Come può un museo d’arte avvicinarsi alle famiglie e ai bambini e come l’arte e l’infanzia si fondono in un’istituzione? Sono domande appassionanti da sciogliere, e la mia risposta a tutto ciò è con il gioco». I pezzi, o «prototipi», della mostra sono destinati a durare per tutta l’esposizione.
Ci saranno alcuni oggetti di grandi dimensioni che i bambini potranno spostare e un’attenzione minore ai componenti digitali. «Per i bambini è così stimolante e divertente spostare oggetti grandi, ma vogliamo anche pensare a come incoraggiarli a guardare in alto il lucernario. Il progetto permetterà al museo di vedere cosa si prova a far giocare le persone per la prima volta, mentre si lavora al completamento del centro per bambini».
Il centro destinato bambini fa parte dell’espansione di 69 milioni di dollari del QM (ora nella sua seconda fase), progettata per aggiungere 50mila metri quadrati di spazi espositivi ed educativi, oltre a strutture per deposito e conservazione. Prima della pandemia, il museo ospitava in media 25mila studenti all’anno.
La pedagogia si fa digitale
Intanto, in luglio nel Getty Center di Los Angeles e nell’Art Gallery of New South Wales di Sydney si è inaugurata un’esperienza interattiva congiunta di realtà aumentata (Ar) realizzata dal duo di artisti Tin&Ed, composto dagli artisti e tecnologi australiani Tin Nguyen e Edward Cutting. Intitolata «Deep Field», la simulazione invita i bambini (e i partecipanti di tutte le età) a riflettere sull’interconnessione degli organismi viventi e sulla bellezza e fragilità della natura.
L’esperienza si svolge però al chiuso. I partecipanti utilizzano un’applicazione di disegno personalizzata per iPad Pro e una Apple Pencil per disegnare piante e fiori che sbocciano tridimensionalmente sulle pareti, sul soffitto e sul pavimento, visibili attraverso uno scanner Lidar. Dopo che i disegni sono stati caricati in un database globale, lo spazio inizia a riempirsi di piante disegnate da altri partecipanti di entrambi i musei, evocando gli schemi matematici che appaiono in natura, dai frattali alla sequenza di Fibonacci.
In entrambi i musei, il lavoro è iniziato con un mini tour della collezione, con una guida che ha illustrato ai gruppi due o tre opere in cui gli artisti hanno rappresentato la natura. A Sydney, il tour si è concentrato sulle collezioni degli aborigeni e delle isole dello stretto di Torres, mentre a Los Angeles ha approfondito in varie aree della collezione del Getty, tra cui il monumentale giardino centrale del museo, progettato dall’artista Robert Irwin.
«Abbiamo chiesto ai partecipanti di pensare alla flora e alla fauna reali perché dobbiamo collegare l’opera a ciò che sta accadendo nel mondo in questo momento, spiegano gli artisti. Ma l’opera chiede anche ai bambini di attingere alle proprie esperienze e alla propria immaginazione, entrambe importanti».
L’applicazione dispone di una modalità a raggi ultravioletti che consente agli utenti di navigare nel mondo dalla prospettiva degli impollinatori, rivelando dettagli che sarebbero invisibili agli esseri umani, e di un paesaggio sonoro multicanale stratificato con suoni di specie in via d’estinzione, di colonie di formiche in marcia o dello scioglimento dei ghiacciai. L’opera sarà esposta in varie località europee e asiatiche, tra cui l’ArtScience Museum di Singapore.
«È un’esperienza in parte educativa, in parte laboratoriale e in parte immersiva, aggiungono gli artisti. Il lavoro artistico collaborativo è un modo potente per permettere alle persone di sentirsi in contatto attraverso questo atto di creazione, per dare potere agli individui e per dimostrare che la loro voce è importante».
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