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Valeria Tassinari
Leggi i suoi articoliGian Marco Montesano non è mai stato adeguatamente riconosciuto, «profeta in patria» a Bologna, che è la sua città, anche se è nato a Torino nel 1949. Tuttavia, di questa sorta di periodica distanza dal panorama culturale locale, la sua carriera non sembra aver risentito, essendosi ampiamente sviluppata altrove, con esperienze di grande visibilità internazionale a partire dagli anni Novanta (dalle esposizioni da Annina Nosei a New York alle due partecipazioni alla Biennale di Venezia nel 1993 e nel 2009).
«Nemo Propheta in Patria», il titolo della personale con cui l’artista presenta un’ampia selezione del suo lavoro nella storica Galleria Spazia dal 29 marzo sino al 3 maggio, ha dunque un sapore ironico ma non provocatorio, e dimostra che la persistenza e l’autonomia sono armi vincenti. Per questa mostra, pensata insieme al curatore Valerio Dehò, l’artista ha messo in scena un percorso antologico attraverso una serie di opere che richiamano i principali temi della sua ricerca, saldamente ancorata a una vocazione figurativa in chiave postmoderna. La scelta di un linguaggio popolare e quasi oleografico, ma non privo di raffinate rarefazioni, gli ha consentito un rapporto esplicito con il Ventesimo secolo, dalla cui storia e dalle cui icone attinge, trovando le sue iconografie in fotografie e riviste che gli offrono un repertorio riconoscibile e ordinario. «Il tempo si è fermato nei quadri di Montesano, ha affermato Dehò, e il suo lavoro è un lungo documentario sul Novecento in cui le opere sono un fermo immagine emozionale, malinconico, pieno di antichi sentimenti, ma sempre sorretto da un’ironia che l’artista elargisce con serena equidistanza. Senza indulgenze nostalgiche e senza stucchevoli visioni sul “come eravamo”, il suo lavoro cataloga la memoria del nostro passato recente in un’immensa enciclopedia per immagini».
Insieme ai fiori, elementi di rassicurante leggerezza decorativa, sono la storia politica, dalle figure chiave della Seconda guerra mondiale alla polarizzazione tra Russia e Germania, e la religiosità, il Sacro Cuore, i santi e la Madonna, i protagonisti di dipinti ad olio di grande formato e di disegni, nei quali i temi si affiancano e susseguono con una sorta di noncuranza distaccata, quasi che il duce, l’Annunciazione e un mazzo di rose potessero essere guardati dalla stessa distanza emotiva. Un gioco tuttavia sfidante di ricognizione sulle immagini e sulle forme, che Montesano ha perseguito con coerenza per lungo tempo, fino a fare del suo lavoro un regesto di sguardi e interrogativi su un tempo che è passato e che forse è ancora molto vicino.

Gian Marco Montesano, «La Parisienne», 1994