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«Volo di rondini» (1913), di Giacomo Balla

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«Volo di rondini» (1913), di Giacomo Balla

La mostra sul Futurismo naviga in alto mare

Da «grande evento» a ginepraio di polemiche: presunti tagli al budget, riduzione delle opere in mostra (metà delle 650 previste) e dei saggi in catalogo, incertezza sui membri del Comitato scientifico. E un perdurante inspiegabile diniego ministeriale ad autorizzare interviste di aggiornamento induce a pensare a una progressiva delusione del ministro che l’aveva voluta

Guglielmo Gigliotti

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La grande mostra «Il tempo del Futurismo», in programma dal 30 ottobre alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, voluta dal ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, forse non sarà tanto grande. Se voleva essere una manifestazione di forza (culturale) della nuova destra al governo, rischia di diventare un attestato di eccessivo ottimismo. A causa di presunti tagli al budget, delle circa 650 opere previste, se ne vedranno non più della metà. A imporre la severa politica dei tagli, è stata per incarico del Ministero la neodirettrice del museo, Renata Cristina Mazzantini, tagli che il curatore Gabriele Simongini (al lavoro da oltre un anno) avrebbe subito, come l’intero Comitato scientifico (fluttuante, ma nel quale finora sicuri sono Andrea Baffoni, Günter Berghaus, Giancarlo Carpi, Massimo Duranti, Giovanni Lista, Claudia Salaris, che si sarebbe dimessa, Maurizio Scudiero, un non meglio identificato docente di storia moderna della Luiss e Federico Palmaroli, in arte Osho, star dei social media con la sua satira graffiante e grande appassionato di Futurismo), per non dire dei collezionisti privati.

Le bocche dei membri del Comitato scientifico sono cucite, in attesa delle decisioni strategiche del Ministero, ma qualcosa qua e là trapela. Parlano e polemizzano anche sulla stampa, invece, i collezionisti beffati come il mecenate Roberto Bilotti Ruggi D'Aragona, che donò al Museo Nazionale di Cosenza un esemplare notificato e poi esposto della celebre «Forme uniche nella continuità dello spazio» di Umberto Boccioni, in prima istanza richiesto per la mostra, ma poi rifiutato perché non risulterebbe cronologicamente certa la sua fusione.

Cristina Mazzantini. Foto: Alessandro Moggi

L’entusiasmo con cui molti dei collezionisti avevano risposto alle prime richieste di prestito si è trasformato per molti in disappunto e sconcerto. A uno dei più appassionati cultori dell’avanguardia marinettiana, per esempio, erano state chieste 50 opere. Gliene hanno confermate due. A un altro, invece, molto noto, sono state escluse tutte le opere di cui all’inizio era stato chiesto il prestito. Tra le opere ricusate anche ad altri, si segnalano, per l’entità del vuoto storico che ciò produrrà nella mostra, le sezioni del Meccanicismo, ridotte a poche unità, quella dell’Idealismo cosmico, e poi l’Aeropittura, evoluzione più significativa del Futurismo, che sarebbe stata limitata a una quarantina di opere, meno della metà di quelle richieste a musei e privati, mentre l’arte sacra futurista è praticamente annullata, nonostante il fatto che la mostra sarà aperta anche durante il Giubileo. In cambio, però, si garantiscono arrivi dal Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano: una radio d’epoca, un’automobile e motociclette. L’aeroporto militare di Pratica di mare presterà un aeroplano.

Il 30 ottobre è una data ormai prossima, ma molto pare ancora in alto mare, denunciano membri del Comitato scientifico e prestatori che, nel segreto ufficiale, preferiscono mantenere l’anonimato. Gli storici dell’arte invitati a far parte del Comitato scientifico, già da un anno impegnati nella mostra, dicono di essere ancora senza contratto e di aver lavorato sulla fiducia. Su alcuni di loro penderebbe la mannaia di presunti vecchi e nuovi «incidenti» artistici, mai acclarati, connessi a questioni di autentiche o pubblicazioni di opere messe in dubbio da qualcuno. Era inoltre previsto, al di fuori del Comitato scientifico, che altri noti studiosi avrebbero scritto saggi in catalogo, ma taluni sarebbero stati tentati di ritirarsi per riduzioni improvvise alle dimensioni inizialmente concordate (poi in parte rientrate). Altri, che ora si dichiarano «lungimiranti», nel Comitato non ci sono proprio entrati già in partenza. Alberto Dambruoso, assistente di Maurizio Calvesi nella curatela dell’ultima edizione del Catalogo generale di Boccioni, era stato prima invitato alla vicecuratela della mostra, con lettera ufficiale del direttore generale Musei del MiC Massimo Osanna, poi allontanato per motivi non chiariti, infine «recuperato». Ora non sa più neanche lui se nella mostra c’è o no, e in quale veste. Osanna, interpellato, non risponde. Una pec di osservazioni costruttive sui tagli (operati non si sa da chi), inviata da alcuni membri del Comitato scientifico, è rimasta inevasa. Anche il ministro Sangiuliano, promotore della «mostra evento», comprensibilmente contrariato sembra ora distogliere il suo interesse. La verità e’ che nessuno sa niente, nessuno ha il permesso di parlare e forse nessuno sa cosa fare.

Ecco appunto, che fare? Si potrebbe almeno iniziare con il catalogo. Si dice che Il ministro avrebbe imposto, senza indire alcuna gara, come casa editrice, la Treccani, autorevole ma non particolarmente esperta in cataloghi d’arte, ma che «va bene, purché se ne faccia uno», dicono gli studiosi. Anche i rapporti con la Treccani sarebbero stati ora trasferiti dal curatore della mostra alla direttrice Mazzantini e ridimensionati testi a suo tempo programmati. Anche questo per necessità di tagli ai costi. Nessuno degli autori però sa nulla con certezza. Il tutto, come per la riduzione delle opere, senza il coinvolgimento di curatori e studiosi del Comitato scientifico. Salverà tutto lo scrittore satirico Federico Palmaroli, autore delle Più belle frasi di Osho che Sangiuliano in persona aveva incaricato di occuparsi dell’immagine della mostra?

Gabriele Simongini

Guglielmo Gigliotti, 23 agosto 2024 | © Riproduzione riservata

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