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Monica Trigona
Leggi i suoi articoliSino al 24 agosto, la Val Ferret di Courmayeur ospita una mostra unica nel suo genere, un incontro tra arte contemporanea e la bellezza selvaggia della natura montana. Presso Les Maisons de Judith a Pra Sec, il noto artista svedese Henrik Håkansson presenta la sua personale «There is a Butterfly on the Top of the Mountain» (C’è una Farfalla sulla cima della Montagna), un progetto che, organizzato dalla galleria torinese Franco Noero, fonde l’osservazione della natura con una riflessione profonda sulle dinamiche ecologiche e la fragilità degli ecosistemi. Il percorso, che celebra gli 11 anni di attività dell'Associazione Culturale Monte Bianco Montagna Sacra, fondata da Glorianda Cipolla, è occasione per riflettere sull’incredibile dialogo tra arte, spiritualità e natura. L’associazione, conosciuta per il suo impegno nel promuovere l’arte contemporanea in contesti immersi nella montagna, propone quest’anno un’esperienza visiva che va oltre il semplice atto espositivo, coinvolgendo il visitatore in una riflessione più profonda sul nostro rapporto con la natura e la sua preservazione.
Le opere di Håkansson si inseriscono perfettamente nel contesto delle baite settecentesche di Pra Sec, dove la natura non è solo un fondale ma parte integrante del processo creativo. L’artista svedese, noto per il suo approccio innovativo alla pittura e alla scultura, presenta una serie di lavori concepiti appositamente per l’occasione, creando un dialogo tra gli spazi tradizionali dei fienili e il paesaggio circostante. Nucleo centrale della mostra sono una serie di dipinti monocromatici che si rifanno alle tradizioni artistiche di Robert Ryman e Kazimir Malevich, ma con una «svolta ecologica». Utilizzando infatti materiali organici come zucchero, lievito, frutta e uova, Håkansson attrae insetti che, nutrendosi di queste superfici, creano nuove forme e pattern sulla tela di lino grezzo. Questa tecnica, che sfida la pittura convenzionale, documenta l’evoluzione del lavoro, testimoniando il continuo e imprevedibile processo della natura. All’esterno, due grandi dipinti decorano il prato antistante i fienili, affiancati da una struttura di tubi innocenti che, come sculture a cielo aperto, sembrano abbracciare l’ambiente circostante.

Courtesy dell’artista e Galleria Franco Noero, Torino. Photo: Henrik Håkansson
Con colori brillanti, l’artista evoca l’immagine delle farfalle che popolano la Val Ferret, una presenza che diventa simbolo di metamorfosi, trasformazione e bellezza effimera. Le farfalle, infatti, sono al centro anche di una sezione video dell’esposizione, dove due schermi proiettano immagini raccolte dall’artista durante la sua visita a Pra Sec, e in cui cattura il movimento iper-veloce di questi insetti, tra cui spicca la rara Phengaris arion, una specie in pericolo protetta dalla normativa europea Habitat. «Fin da bambino, Håkansson ha coltivato una passione per le farfalle, prima intuendone e poi capendone l’importanza di una specie che è un preciso indicatore dei cambiamenti climatici», spiega la curatrice Marcella Beccaria nel saggio che accompagna la mostra.
Esperienza sensoriale e contemplativa, la mostra suggerisce una riflessione sul concetto di impermanenza, sull’influenza reciproca tra l’uomo e il creato, ma anche sul bisogno urgente di proteggere la biodiversità che ci circonda. Le farfalle non sono solo un soggetto artistico, ma un simbolo della fragilità della vita e della necessità di un’azione concreta per la sua conservazione. L’arte di Håkansson diventa così un invito alla contemplazione e alla tutela dell’ambiente, un richiamo alla bellezza semplice e complessa che il Monte Bianco e le sue valli continuano a offrire. Henrik Håkansson (Helsingborg, 1968) è uno degli artisti contemporanei più interessanti sulla scena internazionale. Il suo lavoro è stato esposto in numerosi musei e gallerie di tutto il mondo, tra cui il KODE Museum di Bergen (2019), il Palais de Tokyo di Parigi (2006) e documenta 13 (2012). Tra le sue partecipazioni più significative figurano anche la Biennale di Venezia (2003 e 1997) e la Biennale di São Paulo (2004).