In occasione del 550mo anniversario della nascita di Michelangelo (1475-1564), una nuova mostra aggiunge elementi inediti all’affascinante storia dell’affresco più famoso al mondo. «Michelangelo: The Genesis of the Sistine», al Muscarelle Museum of Art di Williamsburg (Virginia) dal 6 marzo al 28 maggio, nasce dalla scoperta di quello che con ogni probabilità è il primo schizzo realizzato dall’artista per il progetto della Cappella. A scoprire quel disegno è stato il curatore della mostra Adriano Marinazzo, che abbiamo intervistato.
Qual è il suo ruolo al Muscarelle Museum e come ci è arrivato?
Ero ricercatore all’Università di Firenze, specializzato in Storia dell’Architettura. Collaboravo con diversi musei, tra cui il Muscarelle. Dopo un paio di mostre con loro, nel 2012, mi sono trasferito a tempo pieno qui, dove sono curatore. Mi occupo di mostre speciali, anche rassegne di fotografia e architettura contemporanea, ma la mia vera passione è sempre stata l’arte.
Com’è nato il suo interesse per Michelangelo?
Sono sempre stato affascinato dal Rinascimento. Da bambino dipingevo le Madonne di Raffaello, poi al liceo artistico Michelangelo è diventato il mio preferito. Questo legame si è rafforzato quando mi sono trasferito a Firenze, dove ho vissuto per anni nel centro storico ed ero sempre a contatto con i luoghi in cui ha vissuto e creato.
Che cosa l’ha portata alla realizzazione di questa mostra?
L’idea di questa mostra nasce da una scoperta fatta nel 2012, mentre lavoravo a un’altra rassegna per il Muscarelle, a Casa Buonarroti, che custodisce la più grande raccolta di disegni e documenti di Michelangelo. Lui scriveva molto, quindi la sua vita è ben documentata e spesso riutilizzava gli stessi fogli per diversi usi, perché la carta era costosa. Un giorno ho trovato un piccolo foglio con un poema contro i pistoiesi e uno schizzo in cui si notava un soffitto e ho avuto un’illuminazione: «Michelangelo, Sistina». Credo sia ormai accettata l’ipotesi che possa trattarsi di uno dei primi disegni, se non il primo in assoluto, che Michelangelo fece per la progettazione della Sistina. Da lì ho poi fatto una pubblicazione e in seguito un’installazione sulla Sistina alla Biennale di Architettura del 2014: la riproponiamo in questa mostra, che è un po’ il racconto di tutto questo percorso.
Che cosa dice questa mostra di nuovo su Michelangelo e sul Rinascimento?
Michelangelo era già una star ai suoi tempi, l’artista più pagato, ricercato da sultani, papi e re. Sin dall’inizio è stato studiato e l’interesse dura da 550 anni. Per capire l’importanza di un artista, bisogna capire la fortuna critica nei secoli. E nessuno ha avuto l’influenza di Michelangelo per un tempo così lungo. Quindi è difficile dire cose nuove, soprattutto sulla Sistina, che è la sua opera più studiata. Però le tecnologie sono cambiate e oggi possiamo approcciare la materia in modi nuovi. Ad esempio, ci sono schizzi fatti a punta d’argento, con rilievi quasi invisibili, disegni «fantasma» fatti da Michelangelo che ora possiamo rendere visibili con filtri e contrasti. Quindi, quel che di nuovo possiamo dire lo facciamo grazie a nuove tecnologie che ci permettono di includere contributi nuovi nella mostra.
Da dove provengono i disegni in mostra e quali istituzioni li hanno prestati?
Casa Buonarroti è il principale prestatore, poi ci sono gli Uffizi e un disegno che viene da Torino, dai Musei Reali. Ho selezionato disegni mai visti negli Stati Uniti e alcuni mai esposti prima. Ad esempio, due piccoli frammenti con due apostoli disegnati a inchiostro. Essendo molto delicati, prima di darci l’ok a esporli, il restauratore ha dovuto esaminare la carta per capire se potessero viaggiare e essere esposti. Durante questa ricerca, abbiamo scoperto che i due frammenti provengono dallo stesso foglio, erano disegnati uno sopra l’altro, e che appartengono al primo progetto di Michelangelo per la Sistina, quando il papa gli aveva chiesto di dipingere gli apostoli. Documentano la prima idea di Michelangelo per la decorazione.
Che cosa trarrà il pubblico americano da questa mostra?
È una mostra di ricerca, ma non volevo fosse noiosa. I disegni sono per un pubblico un po’ più specialistico, quindi ho voluto riprodurre a grandezza naturale le opere di Michelangelo per dare un’idea del percorso dal concepimento alla realizzazione, dal piccolo disegno all’affresco. Non è solo affascinante, ma anche utile e interessante da un punto di vista educativo.
Che ruolo hanno le tecnologie e gli strumenti digitali nel percorso espositivo?
Un ruolo importante, a partire dal fatto che non avrei potuto avere la certezza che quel disegno era la Cappella Sistina, senza le tecnologie. E le tecnologie sono servite anche a raccontare la ricerca. La stessa immagine usata per la comunicazione della mostra, che mette a confronto lo schizzo con l’affresco, spiega all’interlocutore l’ipotesi dietro la mostra.
La mostra viaggerà?
No. Questi disegni sono delicatissimi e non possono essere esposti per più di 12 settimane di seguito. Altre volte abbiamo diviso il tempo con altri musei, ma questa volta abbiamo deciso di farle stare qui perché questo è davvero un progetto molto personale.