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Uno still dal video «She Never Dances Alone», 2019, di Jeffrey Gibson

Courtesy of Jeffrey Gibson Studio

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Uno still dal video «She Never Dances Alone», 2019, di Jeffrey Gibson

Courtesy of Jeffrey Gibson Studio

La rivolta di Jeffrey Gibson nel nome dei nativi americani

Al Broad Museum oltre 30 opere dell’artista di origine Choctaw e Cherokee, che nel 2024 ha rappresentato gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia: una denuncia delle violenze, anche culturali e geografiche, subìte dal suo popolo

Dal 10 maggio al 28 settembre il Broad Museum di Los Angeles presenta «Jeffrey Gibson: the space in which to place me», una mostra che riprende il lavoro dell’artista presentato alla Biennale di Venezia del 2024, dov’è stato il primo nativo americano (di origine Choctaw e Cherokee) a rappresentare gli Stati Uniti con una personale. Attraverso oltre 30 opere, tra cui 10 dipinti, sette sculture, otto bandiere, tre pitture murali e un’installazione video, la mostra offre uno sguardo completo sulla pratica di un artista che attinge a piene mani dalla sua tradizione per riscrivere la narrazione dominante sulle popolazioni indigene del Nord America. Il titolo è preso a prestito da una poesia della poetessa nativa americana Layli Long Soldier, in cui l’autrice crea geometrie di parole per delimitare uno spazio i cui veri confini sono quelli dello sguardo altrui.

L’universo di Gibson (Colorado Springs, 1973) è fatto di geometrie e colori sgargianti, di perline di vetro e trame tessute con le tecniche artigianali dei suoi antenati, di parole ricamate tra le forme. Una ricchezza estetica che diventa strumento per esplorare le complessità della propria identità e per denunciare le ingiustizie sistemiche sofferte dal suo popolo. In questa mostra Gibson incorpora nel suo lavoro anche stralci di documenti legali del XIX e del XX secolo, citazioni di protagonisti del movimento per i diritti civili, passi di poesie e canzoni pop. L’opera da cui la mostra prende spunto, acquisita da The Broad dopo la presentazione a Venezia, contiene una citazione di una lettera del 1902 in cui il Commissario per le questioni Indiane si rivolgeva al preside di una scuola californiana esigendo che gli studenti nativi acquisissero gli usi, l’abbigliamento e le apparenze dei bianchi. L’opera, dal titolo «The Returned Male Student Far Too Frequently goes Back to the Reservation and Falls into the Old Custom of Letting His Hair Grow Long», trasforma la sistemica repressione culturale in un gioioso atto di rivolta, che è allo stesso tempo una celebrazione della propria identità. 

La mostra include anche opere della personale del 2020 al Brooklyn Museum, tra cui una monumentale scultura in bronzo realizzata a inizio Novecento dallo scultore Charles Cary Rumsey in prestito dal museo. Come parte della sua mostra del 2020, Gibson aveva fatto indossare al guerriero morente in sella al cavallo raffigurato nella scultura un paio di mocassini con perline, commissionati all’artista John Little Sun Murie. Con il suo gesto l’artista ha voluto contrastare il mito secondo cui i nativi americani fossero intrinsecamente destinati all’estinzione, perpetuato dalle narrazioni tradizionali della storia degli Stati Uniti e da sculture come questa. Il lavoro di Gibson non si limita a denunciare le violenze subìte dal suo popolo ma è un gesto di rivolta nei confronti dei confini culturali e geografici entro cui quel popolo è stato relegato. Con le sue opere l’artista vuole celebrare la creatività e l’ingegno delle generazioni che lo hanno preceduto, collocando la sua stessa arte all’interno di una storia cui finora è stata negata la sua dignità. Così, nel creare il suo posto nella cultura e nella storia dell’arte americana, Gibson rompe i confini dello spazio in cui la cultura dei nativi americani è stata relegata dal potere coloniale dominante.

Jeffrey Gibson, «The Returned Male Student Far Too Frequently goes Back to the Reservation and Falls into the Old Custom of Letting His Hair Grow Long», 2024. Courtesy of Jeffrey Gibson Studio. Photo: Max Yawney

Maurita Cardone, 28 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

La rivolta di Jeffrey Gibson nel nome dei nativi americani | Maurita Cardone

La rivolta di Jeffrey Gibson nel nome dei nativi americani | Maurita Cardone