«Perché vivere più a lungo dal momento che il pianeta sta morendo?» è una frase che si legge nella prima sala di «The End of Aging», la mostra sulle prospettive future dell’estensione della vita, della reversibilità dell’invecchiamento o addirittura della fine della mortalità biologica proposto fino al 21 luglio dalla Kbh.G-Kulturstiftung Basel H. Geiger, fondazione culturale dedicata alla promozione di esperienze artistiche innovative e interdisciplinari che sollecitino riflessioni su temi contemporanei.
Fondata nel 2019 dalla filantropa Sibylle Geiger, la fondazione prende il nome dal nonno di lei, il farmacista e imprenditore svizzero Hermann Geiger (1870-1962). Il progetto «The End of Aging» è ambizioso per il tema che si prefigge di esplorare attraverso gli ultimi studi nel campo della medicina, della farmacia e soprattutto della biotecnologia, ma anche dal punto di vista artistico. Si tratta infatti di un’esperienza immersiva offerta da un allestimento scenografico fatto di installazioni, audio e video in cui oggetti, immagini, suoni, odori, esplorano realtà alternative sollecitando il visitatore a riflettere e a porsi dei quesiti che non vorrebbe porsi o ai quali tende a dare risposte scontate senza riflettere sulle conseguenze. Si tratta di interrogativi sulle implicazioni etiche, sociali, economiche e culturali della longevità. Desideriamo davvero vivere per sempre? Come farebbe la società a gestire persone di 150 anni o più? Avremo risorse sufficienti per vivere tutti? L’immortalità è davvero un obiettivo per il quale vale la pena di lottare? Avremo il diritto di morire? Il carpe diem, la caducità della bellezza e della giovinezza perderebbero di senso. Senza la paura della morte che cosa guiderebbe le nostre vite?
Il creatore della mostra (autore dei testi, dell’allestimento, dei cortometraggi...) è un uomo poliedrico quanto il suo progetto, Michael Schindhelm, regista, curatore e consulente culturale svizzero di origine tedesca, noto per essere stato il direttore artistico del Teatro di Basilea (dal 1996 al 2006) e della Berlin Opera Foundation, nonché fondatore della Dubai Culture & Arts Authority. Artista multidisciplinare, Schindhelm è autore di opere letterarie, come Lavapolis e Dubai Speed, e di progetti cinematografici come «Song from the Steppe», «Bird’s Nest», «The Chinese Lives of Uli Sigg» e «In the Mood for Art» sul M+ Museum di Hong Kong, oltre che del documentario «A Vaccine at the speed of Light» che ha vinto il Premio al miglior film aziendale tedesco.
«Ho un cervello razionale ma uno stomaco emozionale» ha dichiarato confidando di aver studiato chimica quantistica in Urss, ma di aver deliberatamente abbandonato il mondo della scienza accademica in quanto «a Berlino Est, dove abitavo, era impossibile avere quegli scambi internazionali che per la ricerca sono imprescindibili. Mi trovai da vivere facendo traduzioni. Spesso mi affidavano testi di teatro: fu così che mi appassionai e intrapresi la strada che mi portò alla direzione del Teatro di Basilea e a fare il regista, ma non ho mai rinnegato le mie radici scientifiche che hanno convissuto con i miei interessi artistici fino a confluire in “The End of Aging” in cui ho messo insieme la scienza, la ricerca, il teatro immersivo, il cinema, l’arte, le speranze e le emozioni. Il momento storico che stiamo vivendo segna l’inizio di un’escalation di conoscenza: nell’Università di fronte alla fondazione Kbh.G si sta lavorando a replicare il corpo umano. In un mondo in piena rivoluzione biotecnologica, la questione dell’invecchiamento è percepita come urgente e per molti rappresenta la più grande sfida sociale del nostro tempo. Il desiderio di rallentare o addirittura invertire il processo di invecchiamento è antico quanto l’umanità stessa e ha sempre colpito l’immaginazione degli artisti (basti pensare a Il ritratto di Dorian Gray), ma oggi si respira ottimismo: i primi farmaci e le prime terapie anti invecchiamento potrebbero arrivare entro il decennio».
La mostra, dopo aver suggerito una serie di possibili scenari attraverso film di finzione che esplorano realtà alternative, ambienti distopici e installazioni audio immersive, nella sala finale rende omaggio all’autorità scientifica lasciando la parola a studiosi delle implicazioni sociali, economiche e religiose dell’estensione della vita e soprattutto a scienziati di fama internazionale, tra cui il premio Nobel Venki Ramakrishnan, la presidente della ricerca biomedica di Novartis Fiona Marshall e Michael N. Hall, scopritore di mTOR una proteina di segnalazione cellulare cruciale nel regolare vari processi biologici. In documentario proiettato all’interno dell’ultima installazione i big della ricerca illustrano le loro prospettive sul futuro possibile della longevità facendo il punto sullo stato attuale delle scoperte scientifiche in merito all’estensione della vita supportata dalla biotecnologia.
Schindhelm ha allestito un ospedale del futuro abbandonato (senza malattie gli ospedali cesserebbero di essere utili): Reception, Sala controllo, Laboratorio, Sala operatoria e Sala post operatoria (di risveglio). Nella Sala di controllo si intrecciano video incentrati sull’esperienza di singoli esponenti di una civiltà immaginaria ed estremamente longeva: ciascuno delinea uno scenario diverso, chi positivo e chi negativo, come il lavoratore angosciato dalla mancata prospettiva della pensione o la madre costretta ad abortire per contenere la popolazione sulla Terra. Nel Laboratorio i protagonisti dell’installazione sono le nanotecnologie e i biomarcatori per invertire l’orologio biologico. Nella Sala operatoria esperienze distopiche ipotizzano «che cosa succederebbe se»: la vita senza invecchiamento potrebbe esser meno stimolante perché se non si prova paura non si nutre neppure speranza. Dopo aver ascoltato le storie di una realtà alternativa ci si può infine sdraiare su lettini da ospedale ad ascoltare gli scienziati senza perdere di vista il monito di Socrate: «Più so più so di non sapere».
Il direttore del Kbh.G Raphael Suter sottolinea: «Il background di Michael Schindhelm nella creazione di narrazioni culturali gli consente di affrontare il discorso sulla longevità da una prospettiva del tutto originale in cui si mescolano senza soluzione di continuità scienza e arte per suscitare riflessioni sulle implicazioni della sconfitta della mortalità biologica. Il progetto di Schindhelm per Kbh.G , dal titolo “Offerte per la Sopravvivenza” è articolato in due parti: una seconda mostra, “Roots” in programma dal 30 agosto al 17 novembre, indagherà la storia postcoloniale di Bali attraverso la vita e l’influenza dell'artista tedesco Walter Spies. Proporrà prospettive critiche sul turismo di massa e l’identità culturale. Seppur affrontando temi molto diversi, entrambe le esposizioni offrono un punto di vista alternativo su recenti evoluzioni nella società contemporanea».
«Ho incontrato Suter sette anni fa a Singapore, racconta a sua volta Schindhelm. Gli stavo dicendo di non aver mai vissuto in una città così a lungo come a Basilea quando mi ha proposto di curare un progetto per la Kbh.G. Ho subito pensato che dovevo fare qualcosa che avesse caratteristiche strettamente legate alla città. Avevo appena finito il film sull’invenzione del primo vaccino per il Covid che ha dimostrato al mondo di che cosa può essere capace la scienza e che ha reso gli inventori miliardari da un giorno all’altro (la Pfizer valeva improvvisamente più di Mercedes Benz). Basilea è il più grande polo europeo di scienze della vita, quelle scienze che incrociano biologia, ambiente, biotecnologie, microbiologia, interazione organismi-ambiente, medicina, biomedicina, tutto quello che riguarda la vita di uomini, animali e vegetali. Più del 50% delle esportazioni di esperti dalla Svizzera all’estero provengono dalle circa 800 aziende connesse con le scienze della vita; a Basilea hanno sede grandi aziende farmaceutiche, Novartis e Roche, che sostengono moltissimo l’arte e la cultura: è la città dei musei e di Art Basel. Gli investimenti nell’intelligenza artificiale applicata alle scienze della vita sono impressionanti e con l’intelligenza artificiale le nostre abitudini alimentari, l'assistenza sanitaria e molto altro potrebbero cambiare enormemente nei prossimi anni perché effettivamente oggi possediamo strumenti di controllo delle funzioni vitali che fino a pochi anni fa sarebbero stati impensabili.
Personalmente mi interesso alla longevità già da molto tempo; negli anni '90 ho approfondito le culture cyborg e come artista le ho trovate molto stimolanti: la fusione della macchina e dell’uomo era davvero un esperimento futuristico, ma era per lo più portato avanti da esperti di computer che non s’intendevano di corpo umano, non da biologi. Gli informatici trattavano il corpo umano come se fosse un computer, il cervello è molto più complesso e replicare il corpo umano non è facile come costruire un computer. Nel momento in cui è entrata in gioco la biologia la questione è diventata più seria, ma non siamo ancora al punto di poter davvero prolungare la vita del corpo umano, cosa che invece pare stia per avvenire per i cani: poiché all’interno delle specie gli animali di piccola taglia vivono più a lungo dei grandi, ci sono voci che il primo farmaco per il prolungamento del 30% della vita dei cani di grossa taglia sia già stata approvata dalla Food and Drug Administration (l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici). Se questo accadesse davvero, se questo farmaco arrivasse sul mercato e funzionasse, si può facilmente immaginare quale tipo di reazione scatenerebbe e quello che le persone si aspetterebbero. Intorno alle ricerche scientifiche anti invecchiamento ci sono segnali fondati, ma molte informazioni non attendibili, molta speranza e molta ansia.
Speranza, ansia, emozioni sono gli ingredienti del mio progetto artistico che mette insieme due modi diversi di percepire la realtà: uno razionale, basato sui fatti (quello che chiude il percorso della mostra), e uno irrazionale, fatto di emozioni. L’arte si rivolge alla mente di chi la guarda in modo diverso, in modo emotivo, si rivolge appunto alle sue speranze e alle sue ansie. L’ospedale abbandonato che ho realizzato all’interno dello spazio della Kbh.G è una realtà alternativa, ma non propone messaggi inequivocabili. Non esiste una sola risposta alle domande, si tratta di fornire opzioni, strumenti di interpretazione. Per me l’arte è uno strumento che offre alle persone soluzioni alternative, opzioni per pensare, trarre ispirazione e fare esperienze. La mostra funziona come esperimento di pensiero: che cosa succederebbe se le persone non morissero più, se la biomedicina fornisse i mezzi per invertire l’orologio biologico? Ho ideato varie narrazioni, storie diverse che facciano riflettere su che cosa significhi l’allungamento della vita in termini di sovrappopolazione, in termini economici e in termini di giustizia tra le generazioni. Ciò che più mi ha emozionato è stato l’interesse per il progetto dimostrato dai dieci esperti internazionali di longevità che ho coinvolto nel documentario di 65 minuti in 15 capitoli cui è dedicata l’ultima sala. Non sono interviste a ciascuno degli esperti che si susseguono. Ho fatto le stesse domande a tutti e a ogni domanda ho fatto seguire le risposte di tutti e dieci in modo che si possano confrontare le loro opinioni, spesso anche discordanti. La mostra chiude quindi con una celebrazione dell’autorità scientifica in quanto io credo nel potere della scienza, ma penso anche che con più conoscenza ci sia anche più incertezza, più sappiamo del nostro corpo meno sappiamo del nostro corpo. Come ci dice Linda Partridge (Founding Director Emeritus presso il Max Planck Institute for the Biology of Ageing a Colonia, Ndr)».