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Aileen Gavonel e Máxima Acuña, «Confía en tu intuición», 2024

Foto: Ana Dias

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Aileen Gavonel e Máxima Acuña, «Confía en tu intuición», 2024

Foto: Ana Dias

La seconda Biennale delle Amazzonie: unire oceani attraverso la foresta

Intitolata «Verde-distanza», è un incontro aperto alle possibilità, ai flussi e agli incanti: 74 artisti dalle Ande all’Atlantico a Belém do Pará

Non era compito scontato immaginare una seconda edizione della «Bienal das Amazônias» (Biennale delle Amazzonie) che riuscisse a raggiungere lo stesso livello poetico e immaginifico della prima manifestazione, svoltasi nel 2023, sotto il titolo di «Bubuia. Acqua come fonte di desiderio e immaginazione».

Eppure, «Verde-distanza» (fino al 30 novembre) titolo tratto dal libro Verde vagomundo dello scrittore paraense Benedicto Monteiro, riesce ad andare oltre e portare l'Amazzonia in luoghi che, parlando di bioma in senso stretto, non le apparterrebbero, ma che hanno tutto a che vedere con i tre assi poetici scelti dal team curatoriale diretto da Manuela Moscoso insieme a Sara Garzón (curatrice aggiunta), Jean da Silva (cocuratore del programma pubblico) e Mónica Amieva (curatrice pedagogica).

«Con questa edizione vogliamo approfondire e riarticolare idee per costruire il presente, poiché la memoria non rimane fuori dai corpi e resiste alle cancellazioni storiche che ancora problematizzano tutto il territorio amazzonico, spiega Manuela Moscoso. Inoltre, il concetto di sogno non è solo articolare aspirazioni, ma porta con sé anche sensi più ampi: la possibilità di creare e di vivere congiuntamente con la natura, con la vita del mondo».

Un pianeta infinito, di infinite tonalità, o «Migliaia di toni di verdi», come si legge nei brani di Benedicto Monteiro: «Verde-grigio, verde-sera, verde-blu, verde-luce, verde-qualcosa, verde-piano, verde-argilla». E a ogni verde una caratteristica diversa, un «accento» che parla di spostamenti forzati o meno, raccontando un’Amazzonia afrodiasporica e una cultura che diventa «altra» attraversando sponde naturali ben prima che politiche.

La Biennale delle Amazzonie, nella sua composizione, sembra avvicinare i due lati del mare, l’Atlantico e il Pacifico, tagliando le distanze geografiche abissali e dimostrando come arte e cultura riescano a parlare la stessa lingua, anche con idiomi diversi: a Belém si crea un cosmo babelico dove l’armonia è il condimento primordiale di tutte le esperienze.

Tra gli artisti in mostra spiccano Carla Duncan (1992), con i suoi ritratti di Belém a catturare l’energia della città tra tradizione e modernità, e Brus Rubio (Perù, 1984), con il suo misticismo amazzonico che aggiorna rituali ancestrali.

Máxima Acuña con Ailneen Gavonel (Perù) presentano ricami contro la dominazione delle grandi industrie di estrazioni di minerali che minacciano gli ecosistemi amazzonici da una parte all’altra della foresta, rimandando a tecniche ancestrali e alla loro profonda poesia, mentre Buga Peralta (Brasile) offre una visione poetica della vita nel Pantanal.

Dayro Carrasquilla (Colombia, 1982) racconta delle soluzioni architettoniche temporanee per le periferie, mentre Silvana Mendes e Pedro Neves, giovani artisti entrambi del Maranhão ed entrambi selezionati per il Premio Pipa 2025, il maggiore dedicato alle arti visive in Brasile, esplorano attraverso diverse tecniche le tradizioni culturali e spirituali della propria regione di origine.

L’artista omaggiato quest’anno è invece Roberto Evangelista (1946-2019), nativo dello stato dell’Acre ma vissuto a Manaus quasi tutta la vita: pioniere del contemporaneo amazzonico, Evangelista è presente, tra le altre opere, con l’installazione «Niká Uiícana» e il video «Mater Dolorosa» del 1976, progetto dedicato all’Amazzonia come «Ultimo laboratorio adeguatamente attrezzato per il reincontro dell’uomo con sé stesso».

«Una biennale può essere spazio di incontro e pensiero collettivo, ma anche di cura, pausa e scambio, conclude Moscoso. Il poetico qui non è l’opposto del politico, ne è parte. Per questo dobbiamo creare spazi dove immaginazione, sensibilità e pensiero camminino insieme». Una possibilità in più per vedere ciò che la «verde-distanza» può regalare alle idee del domani.

Matteo Bergamini, 14 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

La seconda Biennale delle Amazzonie: unire oceani attraverso la foresta | Matteo Bergamini

La seconda Biennale delle Amazzonie: unire oceani attraverso la foresta | Matteo Bergamini