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Una veduta dello stand di Mazzoleni

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Una veduta dello stand di Mazzoleni

La sedicesima volta di Abu Dhabi Art

La fiera degli Emirati Arabi Uniti quest’anno va a braccetto con la Biennale d’Arte Pubblica precedendo l’imminente apertura del Guggenheim e del Museo Nazionale Zayed

Rischa Paterlini

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Una veduta dello stand della Agorgy Gallery

L’edizione 2024 di Abu Dhabi Art, tenutasi dal 20 al 24 novembre, ha trasformato l’emirato in un vivace crocevia culturale. Più di una semplice fiera, l’evento si è affermato come una piattaforma poliedrica, arricchita quest’anno dalla prima Biennale d’Arte Pubblica, che ha portato installazioni di artisti locali e internazionali in tutta la città. Tra i protagonisti spiccano nomi come Oscar Murillo (1986, Colombia), Daniel Buren (1938, Francia), e Lawrence Abu Hamdan (1985, Giordania), solo per citarne alcuni. L’evento si è esteso anche agli spazi futuristici del Louvre Abu Dhabi, con il progetto «Art Here», una vetrina di riferimento per gli artisti contemporanei della Regione. Con l’imminente apertura del Guggenheim e del Museo Nazionale Zayed, l’emirato consolida la sua rilevanza regionale e internazionale. «Abu Dhabi ha una certa energia culturale e intensità che in questo momento sembrano nuove», ha dichiarato Dyala Nusseibeh, direttrice della fiera. «Tuttavia, questo potenziale non è emerso dal nulla, ma è il frutto di anni di lavoro da parte di istituzioni locali, musei, gallerie e professionisti dell’arte, con il sostegno della comunità e di una vasta rete di partner globali».

Dopo sedici anni dal suo debutto come evento boutique con appena 40 gallerie, Abu Dhabi Art oggi conta oltre 100 espositori e le opere in mostra coprono una vasta gamma di prezzi, spaziando da poche centinaia di dollari a quasi un milione. La fiera ha sorpreso per la capacità di mettere in dialogo linguaggi e contesti differenti. Tra gli stand più inaspettati spicca la Peter Harrington Gallery di Londra, che ha esposto rari volumi del Piccolo Principe, con prezzi compresi tra i 25 e i 250mila euro. Nella sezione emergenti, la Wusum Gallery di Doha ha messo in luce il talento di Ameni Abida (Tunisia, 1997), i cui dipinti intrecciano temi di identità e appartenenza, esplorando la transitorietà della vita moderna attraverso un approccio diaristico. Per una sua tela di grande formato, «Waiting for Fair» (2024, 150 x 100 cm), il prezzo richiesto era di 2mila dollari. Lo stand della Lawrie Shabibi Gallery di Dubai si è distinto per l’allestimento con opere di Mandy El-Sayegh(Malesia, 1985), che indaga le dinamiche di frammentazione e stratificazione culturale. I prezzi per le sue tele di grande formato variavano tra i 90 e i 110mila euro. Uno dei suoi lavori è stato incluso anche nel progetto curatoriale «Otra Otrilla», una sezione immersiva che ha esplorato temi legati alla memoria e ai limiti dello spazio.

La Galleria Aïcha Gorgi di Tunisi ha presentato l’opera di Omar Bey (Tunisi, 1973), un’installazione di 130 x 300 cm ispirata all’Articolo 31 della Costituzione tunisina del 2022, trascritto in Braille. L’opera, arricchita da uccelli in ferro arrugginito con becchi appuntiti, offre una riflessione potente sulla censura e sull’accesso alla libertà di espressione; il prezzo richiesto era di 12mila euro. La Richard Saltoun Gallery, con sedi a Londra e Roma, ha proposto opere di otto artisti, tra cui spiccano quelle della pittrice mozambicana-italiana Bertina Lopes (1924–2012), presente all’ultima Biennale di Venezia. Per «Prediction» (olio su tela del 1972, 120 x 100 cm), il prezzo richiesto era di 80.000 dollari. Di Reena Saini Kallat (India, 1973), una gouache di 60 x 90 cm aveva un prezzo di 12.000 dollari. Poca, invece, la fotografia presente in fiera, con rare eccezioni come la NIL Gallery di Parigi, che ha presentato i lavori di Sara Benabdallah (Marocco, 1985), esplorando temi di memoria e identità.

Una veduta dello stand della galleria Lawrie Shabibi

L’Italia ha avuto una presenza significativa, a partire dalla multinazionale galleria Continua, che, oltre al proprio stand, ha visto il co-fondatore Lorenzo Fiaschi impegnato nella presentazione di un progetto dedicato ai nuovi talenti. La Galleria Franco Noero di Torino si è avvalsa di uno stand piccolo ma curato, mettendo in risalto quattro artisti: Hassan Sharif (Emirati, 1951–2016), considerato il padre dell’arte contemporanea mediorientale, con un’opera del 2014 (88 x 45 cm) proposta a 55mila dollari; Gabriel Kuri(Mexico City, 1970), con opere che spaziavano tra i 6mila e gli 80mila euro; Anna Boghiguian (Il Cairo, 1946); e Jason Dodge (Pennsylvania, 1969), questi ultimi due protagonisti anche della mostra «Three Tired Tigers» al Jameel Art Centre di Dubai. Soddisfatto, Franco Noero ha commentato: «Fiera lunga, interessante. Pubblico locale attento e curioso, molti giovani. Vendite solide anche nell’ultimo giorno di fiera». La galleria Mazzoleni, anch’essa torinese, ha proposto una selezione con artisti di rilievo, tra cui un’opera del 1990 di Salvo (1947–2015), presentata per la prima volta in fiera e il prezzo richiesto era di 180mila euro. «Rispetto alle precedenti edizioni, questa terza partecipazione ad Abu Dhabi Art segna un cambiamento evidente in meglio, sia per l’affluenza che per l’interesse mostrato dal pubblico. È interessante osservare come si stia creando un tessuto locale più solido», ha dichiarato Davide Mazzoleni.

La P420 di Bologna, alla sua terza partecipazione, si è detta soddisfatta: «Abbiamo trovato questa edizione in linea con le aspettative. Abbiamo venduto opere di tutti gli artisti che abbiamo portato e questo dimostra il potenziale della fiera». Si vocifera da qualche tempo di una possibile collaborazione tra Art Basel e Abu Dhabi Art, un’iniezione di capitali per la prima e un’occasione per crescere e rafforzare la propria posizione nel mercato internazionale per l’altra. Ma se l’accordo si concretizzasse, quale sarebbe l’impatto sulla scena artistica mediorientale e globale? La fiera saprà mantenere la sua identità autentica pur aprendosi a nuove collaborazioni? Una cosa è certa, come dice Fabrizio Padovani di P420: «La pentola bolle». E il futuro promette grandi sorprese.

 

Rischa Paterlini, 25 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

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