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«Fanciullo che studia Cicerone» (1464 ca) di Vincenzo Foppa, Londra, The Wallace Collection

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«Fanciullo che studia Cicerone» (1464 ca) di Vincenzo Foppa, Londra, The Wallace Collection

La storia dell’arte e il sale sulla coda

«Capolavori e contesti» di Roberto Nicolucci è uno dei primi libri da mettere in mano a uno studente che intenda occuparsi di mostre e musei

Stefano Causa

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Che cosa significa mettere il sale sulla coda a un giovane che comincia ora la salita del mestiere? Ce lo spiega un titolo sollecitante e rinfrancante di uno storico d’arte napoletano che i nostri lettori già conoscono: Roberto Nicolucci. Fresco trentenne, Nicolucci si era cimentato in un lavoro simile due anni fa (Un occhio di riguardo. Racconti di storia dell’arte moderna); ma ora, con titolo persino troppo asciutto rispetto alla quantità di piste suggerite, il libro rispunta accresciuto e sedimentato. Incalzano i temi e trovano uno sbocco iconografico dove le fotografie, un tesoretto selezionato con cura e gusto, siano da complemento al testo o possano scorrersi autonomamente.

In anni in cui Passione, con o senza virgolette o maiuscole, è tra le prime parole da bannare, questo, appena uscito, è il primo, o uno dei primi libri da mettere, come sale sulla coda, in mano a un liceale sveglio o a un universitario che intendesse occuparsi di mostre e musei. Specialmente a loro consiglieremmo ciò che avrebbe potuto scrivere solo chi, pur formalmente docente da qualche anno, non abbia perso i santi lumi dell’incoscienza.

E nessuno più di Nicolucci, studioso di Settecento borbonico e di Francesco Solimena, ma anche di ponti nell’arte, di Vincenzo Gemito, di Picasso (e di un uomo di musica come Pino Daniele) è sempre alla ricerca di nuovi nessi tra immagini, testi e musiche. La questione non è tanto possedere un’informazione sterminata; ma non sterminare l’informazione soffocandola sotto una coltre filologica e di tecnicismo che si tenga a debita distanza dalla passione.   

Capolavori e contesti è tanta roba, diranno oggi i minori di vent’anni. Storia e geografia dell’arte. Fotografia, cinema e letteratura. Voglia e coraggio di collegare immagini, opere e maestri apparentemente distanti. Esercizi di memoria. Nuove passeggiate in luoghi arcinoti e borghi da riscoprire. Necessità di ragionare su come sia cambiata la disciplina da quel giorno fatidico di quindici anni fa in cui furono incapsulate le fotocamere nello smartphone (altro sottotitolo del libro sarebbe: Una storia dell’arte dall’analogico al digitale).

Passano in rassegna le stazioni del percorso moderno, dal Quattrocento di Masaccio e Van Eyck al secondo Settecento di Canova, adombrate nel primo libro ma qui integrate e potenziate. Entrano in circolo titoli e copertine di libri e dischi. Fanno capolino Longhi e l’officina dei conoscitori; Benedetto Croce, Berenson, Ferdinando Bologna, la scultura raccontata da Rudolf Wittkower e Federico Zeri. Ma anche l’Eco del Pendolo di Foucault e l’Argan degli scritti su Caravaggio e Borromini.

Si parla di circoli virtuosi o viziosi tra musei e mostre. E si tocca il tema della divulgazione tra televisione e social media, il Superquark di Piero Angela e le conversazioni di Andrew Graham Dixon e Simon Shama. Ci sono Bach padre, Georg Philipp Telemann e Miles Davis, l’improvvisazione della musica afroamericana e quella dello stile galante del tardo Barocco (s’indovina che l’autore abbia lavorato con un sacco di musica sullo sfondo).

Nel libro cova il ricordo della lezione tradizionale in aula, secoli fa: una liturgia di gesti e attese, dove docenti e discenti si vestano da attori e pubblico di una pièce teatrale. E c’è il ribadimento dell’esperienza, perfezionata nell’emergenza pandemica, dell’insegnamento in remoto.

Quanto ai ferri del mestiere, non manca un omaggio ai carrelli vintage delle diapositive fino all’avvento del PowerPoint; ci sono film da, e per storici d’arte, da Luchino Visconti allo studio Ghibli e si paga il debito (ma con sforzo meritorio di immaginarne una controstoria) agli inevitabili Caravaggio e Artemisia Gentileschi, pittrice di qualità ma di qualità epigonica. E si potrebbe continuare. Dopodiché se anche pochi, finito di leggere, fossero invogliati a salire a Capodimonte o a ristudiare la pittura del Settecento inforcando le lenti di Federico Fellini o Stanley Kubrick, Nicolucci avrebbe portato a casa il risultato. Come dire, finito il libro ricomincia il libro.

Capolavori e contesti. Fondamenti di storia dell’arte moderna
di Roberto Nicolucci,  341 pp., ill. col., Edipress UniMarconi, Roma 2024, € 45

La copertina del volume

Stefano Causa, 28 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

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